Chi lavora a Roma ma non risiede nella capitale, a partire da maggio 2011 dovrà pagare un pedaggio per raggiungere il posto di lavoro. A pagare sono sempre i pendolari.
A pagamento da maggio 2011
E i pendolari pagano. Dopo il via definitivo della Camera, adesso è ufficiale: a partire da maggio 2011, il Grande raccordo anulare di Roma e l’autostrada Roma-Fiumicino diventano a pagamento. Per percorrerli, sia in entrata che in uscita, occorrerà versare un pedaggio.
Non si sa ancora a quanto ammonterà il balzello – manca il decreto attuativo –, ma qualunque sia la sua entità resta un’accettabile e iniqua tassa sul pendolarismo.
È invece già a portata di mano la soluzione sul metodo di pagamento: per non bloccare il flusso di traffico, già da incubo su queste arterie, non ci si servirà di caselli, ma di un sistema di telepass potenziato, il cosiddetto “free flow”, il quale prevede ponti di rilevamento per fotografare le targhe e che consente l’utilizzo di carte prepagate o addebiti diretti.
Insomma gli ingredienti per il piatto avvelenato destinato a pendolari sono già pronti, restano da definire le dosi.
Il confronto con Milano
Il decreto legge non incide solo su 100 chilometri di percorso stradale capitolino, ma in tutta Italia su 1.200 chilometri di autostrade e di raccordi autostradali gestiti direttamente dall’Anas, fino a ieri gratis. In tutto 1.300 chilometri di nuove tasse.
L’emendamento presentato dall’opposizione per escludere il Grande raccordo anulare è stato bocciato. “Perché il raccordo metropolitano di Milano è a pagamento e quello di Roma no?”: il dibattito politico è scivolato, come accade spesso, su questioni meramente ideologiche, che non tengono per nulla conto dei dati oggettivi.
Il Grande raccordo anulare è ormai diventato di fatto un’arteria urbana fondamentale. Il reticolo stradale romano non consente alternative per chi deve raggiungere in macchina Roma, per andare al lavoro e a scuola.
Prendere autobus e treni – perennemente in ritardo, sporchi, e sempre meno numerosi – e poi, una volta in città, ancora i mezzi pubblici – lenti, inaffidabili, affollati e rumorosi – non sono considerate dai pendolari delle valide alternative all’uso della macchina. Come non comprenderli.
Una capitale lontana dall’Europa
Nella nostra recente inchiesta è emerso, infatti, che quella di prendere i mezzi pubblici non è una scelta ma una costrizione, perché non si hanno mezzi propri o mancano i parcheggi auto. Roma è risultata al quintultimo posto nella classifica sulla soddisfazione dei mezzi pubblici, meritando un misero 45 (su 100), lontanissima dalla sufficienza.
Solo il 32% degli spostamenti cittadini avviene sui mezzi pubblici, contro il 67% di Barcellona e il 63% di Parigi. Inoltre, la rete metropolitana è lunga soltanto 36,6 chilometri, contro 233 di Madrid, 200 di Parigi e 408 di Londra.
La scure dei tagli alle Regioni decisa dall’ultima manovra economica si abbatte fortemente sulla voce trasporti pubblici: le cose sono destinate a peggiorare, e i cittadini a pagare. Siamo uomini o pendolari? È la campagna che ci vede impegnati in questi mesi sul tema della mobilità, in cui mettiamo al centro proprio la dignità delle persone e la qualità della vita dei pendolari.
Fonte: www.altroconsumo.it
Anche se da lontano, il tutto si lega ad esempio al proliferare delle strisce blu in periferia. (Vedi: https://paoblog.wordpress.com/2010/06/28/strisce-blu-periferia/)
Ed infatti mi sono posto la domanda: i cartelli indicano una tariffa di pagamento di € 0,80/ora. Moltiplicato per un periodo di 10 ore/giorno fa € 8,00 x 21 giorni = € 168,00.
Dobbiamo pagare quasi 170 € al mese per venire al lavoro?
E non mi si tiri fuori la storia dei mezzi pubblici. Sicuramente utilizzabili se usi solo il metrò, sennò sono ca..voli. (e non parliamo di chi viene in treno…trattati come bestie (ma paganti), sempre in ritardo, wc inutilizzabili, sporchi...)
Quando avevo fatto l’incidente ed ero senza auto per alcune settimane sono venuto con i mezzi. Dovevo alzarmi alle 5.30 (invece che alle 6.10), fare oltre 1 km a piedi per prendere il bus interurbano, poi la MM per 17 fermate poi un altro bus (oppure 1 km a piedi). Rientro, stessa trafila, ma se perdevo il bus interurbano, dovevo aspettare 20 minuti almeno. Arrivavo a casa poco prima delle 20. Bel vivere…
Ed i costi? Poca differenza, sui 40 cent a favore dei mezzi pubblici. Ma i tempi… Andata: 2h 30′ (contro 45′) – Ritorno: 2h 30/45′ (contro 70 – 90′). Il gioco non vale la candela…
Si tratta davvero di una ingiustizia enorme.
È sotto gli occhi di tutti come, negli ultimi anni, soprattutto le nuove generazioni, le famiglie giovani siano state in qualche modo costrette ad andar a vivere fuori l’area metropolitana delimitata dal Raccordo Anulare in quartieri periferici, ma in molti casi in comuni a sé stanti, sul litorale oppure verso le province di Viterbo e Rieti, perché lì e solo lì potevano permettersi l’acquisto di una casa, essendo i prezzi degli immobili a Roma divenuti pressoché inavvicinabili, soprattutto per chi ha appena iniziato a lavorare.
Dunque: tante tante persone sono costrette a lavorare a Roma, ma a risiedere in altri Comuni proprio per motivi economici. Una tassa di questo tipo colpirebbe soprattutto, quasi esclusivamente, chi si è allontanato da Roma, perché non in grado di potervi risiedere causa motivi economici.
Una tassa che colpisce i più deboli, le fasce meno protette, i lavoratori.
Una assurdità.