un articolo di Roberto La Pira che leggo su Il Fatto Alimentare – aggiornato dopo la pubblicazione
L’agenzia per la sicurezza alimentare di Hong Kong ha comunicato ieri il ritiro delle lasagne marcate Findus per la presenza di carne di cavallo non dichiarata in etichetta.
È l’ultima notizia dello scandalo a livello internazionale che in Italia ha avuto come unico riscontro il ritiro di confezioni di ravioli e tortellini Buitoni annunciato dalla Nestlé per la presenza di tracce di Dna di poco superiore all’1%. È però di ieri la notizia diramata dai laboratori di Losanna della Nestlè, che la presenza di DNA di cavallo varia dal 3 al 4%. Il dato ufficiale è stato pubblicato anche dal sistema di allerta europeo (Rasff).
Per orientarsi tra i numeri, va detto che secondo l’agenzia per la sicurezza alimentare inglese quando le analisi evienziano un indice di Dna superiore all’1% si può ritenere fondata l’aggiunta volontaria di carne di cavallo escludendo la contaminazione accidentale. Il Ministero della salute ha chiesto all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Brescia e di Torino di eseguire queste analisi qualitative su 200 campioni di lasagne, ragù e altri piatti pronti.
Per capire quanta carne di cavallo è presente nei tortellini bisogna realizzare un’altra analisi non prevista nel piano del Ministero. Fino ad ora i campioni esaminati in altri Paesi e ritirati dal commercio contengono dal 40 al 60%.
In Italia Buitoni non ha precisato la quantità di carne di cavallo aggiunta ai tortellini. Secondo gli esperti da noi consultati è però ragionevole ipotizzare in presenza di un Dna pari al 3-4%, la quantità di carne di cavallo aggiunta sia vicino a questi valori percentuali, ben al di sotto di altri prodotti ritirati in Europa.
Il dato relativo alla presenza di carne di cavallo è fondamentale per capire la dimensione della frode. Una truffa internazionale che prevede l’aggiunta di qualche punto perncentuale di carne di cavallo risulta ridicola e priva di senso.
Ha invece un significato preciso se i valori sono pari o superiori al 50% e ha ancora più significato se questa carne proviene da animali da corsa e sportivi che non dovrebbero essere utilizzati per produrre alimenti (come Il Fatto Alimentare ha ipotizzato dall’inizio dello scandalo).
A supporto di questa tesi è interessante leggere un articolo sulla mafia balcanica dei cavalli pubblicato oggi sul sito de Il sole 24 ore.
C’è una frase che chiarisce la situazione: «Quel controllo diede vita all’”East horses” (cavalli dell’Est) che portò al sequestro di 655 passaporti equini falsi – prevalentemente di origine rumena – appartenenti a cavalli che non potevano essere destinati al consumo alimentare. In soli 20 mesi questa attività aveva fruttato a un unico mattatoio vantaggi economici illeciti per oltre 20 milioni. La falsificazione dei passaporti – ricorda il comandante del nucleo provinciale del Corpo forestale di Ascoli Piceno, Piero Possanzini – riguardava per esempio esemplari da corsa, ai quali venivano somministrati farmaci che possono essere pericolosi per la salute umana, senza considerare il possibile utilizzo di sostanze dopanti».
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