Io avevo già firmato a suo tempo e sembrava che fosse servito a qualcosa, tuttavia ad ogni cambio di governo/ministro ecco che tutto viene rimesso in discussione, tanto più se c’è da incassare. 😉
Considerando la disinformazione tipica che gira per il web, ma anche sulla stampa “uffciale”, è giusto sottolineare che: non si tratta di una misura condivisa in tutta Europa: in alcuni Paesi, l’equo compenso semplicemente non esiste.
leggo su Altroconsumo:
Il nuovo ministro per i Beni e le Attività Culturali Franceschini ha intenzione di firmare il decreto che aumenta l’equo compenso, un balzello su svariati dispositivi tecnologici, destinato ad arricchire di fatto solo le casse della Siae.
Il precedente ministro Bray, anche grazie alle prime 10 mila firme della nostra petizione, aveva bloccato il tutto in attesa di sviluppare un’indagine ad hoc sulle abitudini dei consumatori per verificare se davvero le copie private di opere musicali e cinematografiche siano cresciute negli ultimi tre anni tanto da legittimare addirittura un aumento di ben 5 volte l’equo compenso, come pretenderebbe la Siae.
Abbiamo chiesto al ministero di dirci se questa analisi di mercato è davvero stata fatta e, se sì, di poter vedere la documentazione e i risultati. Nell’attesa, firma anche tu per chiedere al nuovo ministro Franceschini di non avallare il decreto: più siamo, più contiamo.
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Ma quale sarebbe il motivo di questa tassa? Risarcire la Siae (e gli autori e gli editori che rappresenta) per i “mancati introiti” derivanti dalle copie private di canzoni, film e quant’altro coperto da diritto d’autore.
Copie private che vengono in genere conservate nelle memorie di massa (hard disk, chiavette, cd vergini…) e in tutti i dispositivi in grado di immagazzinare dati: da qui l’idea di tassare questi dispositivi.
Si chiama “equo compenso” e si tratta di soldi che la Siae dovrebbe ridistribuire ad autori ed editori, ma che (come sappiamo) vanno soprattutto agli artisti più noti e importanti (ovvero a chi di fatto non ha davvero bisogno di soldi); gli altri prendono poco o nulla.
Inoltre va ricordato che chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online, paga già i diritti d’autore per poterne fruire (e fare copie) su un certo numero di supporti: è profondamente ingiusto che paghi una tassa anche su questi stessi supporti, trovandosi così a pagare due volte.
Il decreto che era stato preannunciato, non farebbe altro che innalzare le quote già imposte dal precedente decreto Bondi, portando i precedenti 80 milioni di prelievo annuo a oltre 200 milioni.
Nello specifico, il balzello su un tablet passerebbe dagli attuali 1,90 a 5,20 euro, quello su un computer da 1,90 a 6 euro e addirittura quello sugli smartphone passerebbe dagli attuali 90 centesimi a ben 5,20 euro.
Il tutto, poi, era stato deciso in gran segreto e in accordo solo con la Siae (che di fatto ne è la beneficiaria) e pochi altri, senza ovviamente invitare i consumatori a dire la loro.
sai che ti dico?
mi sono rotta, butto il telefonino, butto internet, che andassero “a fare in C… “loro e tutte ste’ tasse