In sintesi un articolo che ho letto su Il Test il cui contenuto non mi coglie di sorpresa. Vedi ad esempio i post #detox pubblicati nel corso del 2015.
Resta il fatto che se guardate l’infografica in calce noterete che ci sono prodotti di alcuni marchi con PFC al di sotto dei limiti di rilevabilità, il che significa che lavorare nel rispetto della salute del consumatore e dell’ambiente, è possibile.
Gli amanti della montagna e della vita all’aria aperta probabilmente non lo sanno, ma con il loro abbigliamento e l’attrezzatura da escursione inquinano l’ambiente e mettono a rischio la propria salute.
Ovviamente non è colpa loro, ma delle aziende specializzate che, nelle loro produzioni, continuano a utilizzare, in gran quantità, sostanze nocive come i PFC, composti chimici perfluorurati.
Non si salva quasi nessuno. Tranne poche eccezioni, tutti i più noti marchi come Jack Wolfskin, The North Face, Patagonia, Mammut, Norrona e Salewa, non rinunciano a produrre articoli contaminati da PFC, che li rendono impermeabili e antimacchia (i PFC infatti respingono sia acqua che olio).
Peccato però che siano altamente inquinanti. Si tratta, infatti, di sostanze nocive molto persistenti: una volta rilasciate nell’ambiente, si abbattono lentamente, rimanendovi per molti anni.
Il nuovo rapporto di Greenpeace svela che le promesse fatte in più occasioni da alcuni marchi che si impegnavano a eliminare le sostanze chimiche più pericolose dalle proprie produzioni, sono cadute nel vuoto.
Lo studio dell’associazione ambientalista dimostra, infatti, che le sostanze tossiche sono ancora ampiamente presenti nei prodotti dei marchi più diffusi.
E non solo nell’abbigliamento e nelle calzature, ma anche nell’attrezzatura da campeggio e da escursione, quindi in zaini, tende, sacchi a pelo e corde….
Consiglio la lettura integrale dell’articolo : L’outdoor “inquinato”: i nomi dei prodotti testati da Greenpeace | Il Test