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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Un libro: Ogni parola che sapevo

“Mia moglie arriva trafelata mi sembra un gigante sopra di me, un gigante buono che mi aiuterà, io sono inciampato in un buco nero del bosco ma lei mi tirerà fuori da lì. Ha gli occhi sgranati. “Che succede? Che succede?” mi chiede.

La mia risposta è chiara: ‘Megpdeiigrhiaa!’ le dico concitato, “mrlaiofoourhdka uhfe giumhu”. Non si capisce niente, lei non capisce niente, nemmeno io capisco niente, parlo una lingua nuova, eppure lo so cosa voglio dire, ma un demone si è intrufolato nella mia bocca.

“Ceritturgra, mathra, titdiiiadotaio”. Sono infuriato con me, sono infuriato con lei perché non capisce… Mi sento imprigionato: solo rantoli disperati”.

La vicenda che Andrea Vianello si è deciso a raccontare è la storia di un ictus, del suo ictus. Nel caso specifico si è trattato di un’ischemia cerebrale che ha colpito il lato sinistro del cervello, causata da una dissecazione della carotide.

Una brillante operazione d’urgenza, nonostante una gravissima complicazione sul tavolo operatorio, è riuscita a tenerlo nel mondo dei vivi, ma nulla ha potuto rispetto al danno che si era già propagato: di colpo le sue parole erano perdute.

O meglio: nella sua testa si stagliavano chiare e nette come sempre, ma all’atto pratico uscivano in una confusione totale, fonemi a caso, ingarbugliate e incomprensibili.

Una prospettiva terribile per chiunque, ma ancora di più per lui, che delle parole ha fatto un’identità e un mestiere, quello di giornalista televisivo.

“Ogni parola che sapevo” è un viaggio in un inferno molto diffuso, l’ictus e i suoi danni, che a volte presenta un percorso terapeutico e riabilitativo che non esclude il ritorno.

Questo libro racconta e dimostra che le parole che Vianello sapeva sono state in qualche modo tutte recuperate.

Ma l’aspetto interessante, che fa della sua testimonianza una storia da leggere, è che a quelle che già sapeva Vianello ne ha aggiunte di nuove.

Le parole che raccontano il calvario personale di chi scopre la sua vulnerabilità fisica, quelle che descrivono la brutta sensazione di ritrovarsi esposto in poche ore dai riflettori di un studio tv ai meandri inestricabili della sanità pubblica.

Quelle che bisogna trovare per continuare a combattere ogni giorno, tutti i giorni, contro gli strascichi dell’evento subito, anche quando è stato superato.

Ma pure quelle degli affetti, a volte sopite o date per scontate, e che invece possono riempire un intero vocabolario.

Un libro a volte ironico, ma sempre pieno di speranza, che racconta il quotidiano ma inevitabile coraggio di chi si trova d’improvviso ad affrontare una lunga e spesso solitaria traversata del deserto. E che nonostante tutto riesce, forse, a recuperare la sua parte migliore.