Usare i soldi dell’8 x mille per ricostruire l’Abruzzo?
Il governo ci ha giustamente pensato: la legge prevede che quei fondi vengano destinati, tra l’altro, al contrasto delle calamità naturali (e non, come pure è successo, al finanziamento delle missioni militari all’estero). Peccato che dell’8 x mille lo Stato raccolga solo le briciole, visto che nessun governo, a differenza delle varie Chiese, in due decenni ha mai fatto una campagna pubblicitaria per convincere gli italiani a dargli i soldi.
Il risultato è che del miliardo di euro circa raccolto ogni anno, quasi 900 milioni finiscono nelle casse del Vaticano, e solo 85 in quelle di Roma. Per un motivo molto semplice: il meccanismo bizantino di assegnazione dei fondi.
Per destinare l’8 x mille a una delle istituzioni accreditate – le principali confessioni religiose e, appunto, lo Stato – bisogna infatti indicare espressamente lo propria scelta nella dichiarazione dei redditi. A farlo è solo il 40% dei contribuenti (il 36 % per la Chiesa cattolica, il 3% per lo Stato e qualche zero virgola agli altri), mentre il restante 60% lascia il foglio in bianco, magari pensando che i soldi finiranno comunque nelle casse pubbliche.
Sbagliando: perché la quota residua di 8 x mille (la fetta più grossa) viene ripartita percentualmente proprio secondo le scelte esplicite: in questo modo il Vaticano, anziché 360 milioni circa, incassa quasi novecento milioni (dati del 2007), mentre lo Stato passa da 31 a 85. Un bel guadagno, certo, ma poca cosa se si vuoi ricostruire una regione.
Un articolo di Marco Palombi – Vanity Fair
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