Con questa frase, di impatto sicuro, Greenpeace presenta le proprie iniziative a tutela di quella straordinaria risorsa di vita che è la foresta amazzonica, in Brasile. “Un paio di scarpe Geox, Nike o Adidas, un divano di pelle Chateaux d’Ax, un pasto a base di carne Simmenthal o Montana possono avere un’impronta devastante sull’ultimo polmone del mondo e sul clima del nostro pianeta”, inizia così il rapporto diffuso dal gruppo ecologista alcune settimane fa che giunge alla fine di tre anni di indagini sotto copertura.
Greenpeace ha scoperto che alcuni grandi marchi si sono resi responsabili di taglio a raso e incendi per l’allestimento di allevamenti bovini all’interno della foresta pluviale amazzonica. Il business è quello relativo al pellame per le scarpe e gli arredi ma anche quello della carne in scatola. Secondo Greenpeace in queste zone nemmeno la manodopera è tutelata. L’attività di taglio e incendio sarebbe così intensa da portare alla distruzione di un ettaro di verde ogni 18 secondi.
I più grandi emettitori di gas responsabili dell’effetto serra sono nell’ordine: gli Stati Uniti, la Cina, L’Indonesia e il Brasile stesso (l’allevamento bovino in Brasile è la singola più grande causa della deforestazione al mondo). Per Greenpeace “le foreste del nostro pianeta mantengono in vita sistemi ecologici che sono essenziali per la vita e la sopravvivenza culturale delle comunità forestali. Solo in Amazzonia vivono 200.000 persone, la foresta pluviale è la loro casa, la loro fonte di cibo, di medicine e di spiritualità.
Le foreste giocano, inoltre, un ruolo cruciale nella conservazione della biodiversità. La metà delle specie vegetali e animali del nostro pianeta si trova nelle foreste” per cui l’imperativo è sintetizzato con lo slogan “deforestazione zero”.
L’obiettivo degli ambientalisti è spingere i paesi partecipanti al Summit sul Clima di Copenhagen, che si terrà a dicembre, a stipulare accordi di riduzione delle emissioni ma soprattutto fermare la distruzione delle foreste amazzoniche.