di Maurizio Caprino
Se già non lo sapete, uno dei motivi che fa proliferare i ricorsi è la speranza di far scattare la prescrizione ingolfando i prefetti, che per legge (articolo 204 del Codice della strada) devono pronunciarsi su ciascun caso entro 120 giorni.
Uno stratagemma per allungare i tempi è chiedere l’audizione personale: è vero che ciò blocca il decorso dei 120 giorni, ma solo a partire a partire dal giorno in cui al cittadino è notificata la data nella quale dovrà presentarsi dal prefetto. Quindi, più ricorsi ci sono e più questa notifica tarda, fino a sforare i 120 giorni.
Ecco quindi che anche chi non saprebbe nemmeno cosa inventarsi per difendersi davanti al prefetto tenta il ricorso chiedendo l’audizione. Lo sanno tutti e la Cassazione (in Sezioni unite, quindi con una sentenza importante) ha deciso di fare quanto in suo potere per stoppare l’andazzo.
Il risultato è che i prefetti possono fregarsene della richiesta del cittadino, tanto la Cassazione ritiene che il diritto alla difesa verrà comunque garantito in “appello”. Da notare che questo in teoria non appesantisce il compito del cittadino, che già deve comunque fare appello per far rilevare che il prefetto ha deciso senza ascoltarlo.
Che cosa cambia, quindi? Che prima bastava dire al giudice “il prefetto non mi ha ascoltato” e quindi si poteva vincere senza avere seri argomenti sul merito dell’infrazione. Adesso occorrerà andare nel merito anche dal giudice. Quindi i ricorsi pretestuosi dovrebbero in teoria essere stroncati. Ma siamo in Italia, quindi aspettiamo e vediamo…