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Roma: finalmente il MAXXI

Da poco più di una settimana, la struttura progettata dall’archistar anglo-irachena Zaha Hadid che ospita il MAXXI (Museo delle Arti del XXI secolo) nel quartiere Flaminio è una realtà aperta al pubblico.

Finalmente: perché ci sono voluti molti anni di lavoro.

Finalmente: perché, una volta lì a contatto diretto con la struttura, ci si rende conto che a Roma mancava un edificio del genere.

Finalmente: perché ora si può dire che Roma ha un altro capolavoro dell’architettura contemporanea in grado di primeggiare, a secoli di distanza, con i monumenti che dall¹Epoca Romana al Ventennio fascista hanno arricchito Roma.

Finalmente: perché ora l’affascinante struttura moderna dell’Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano può dire di avere un altrettanto importante edificio in grado di rivaleggiar con esso per imponenza. Certo: c’è anche la bellissima struttura del Museo dell’Ara Pacis di Richard Meier,
ma resta, per quanto interessante, un¹opera molto più circoscritta nello spazio e nelle dimensioni.

Ieri sono andato a visitare il MAXXI.
L’impressione che si ricava, fin da subito, è straordinaria e capace di togliere letteralmente il fiato.
Avete presenta la cosiddetta sindrome di Stendhal? Ebbene: io, ieri, al cospetto in esterno e poi dentro il suo ventre, ho provato quelle sensazioni nel visitare il MAXXI. Tachicardia, capogiro, vertigini, stordimento, confusione. Talmente mi son sentito vincere dall’emozione; talmente mi son sentito piccolo e impotente dinanzi a una costruzione così imponente; talmente mi son sentito abbracciare dalla felicità, dalla bellezza, dalla grandiosità.

Un abbraccio che quasi mi ha strangolato, togliendomi il fiato e donando precarietà alle mie gambe, ma che poi mi ha accompagnato sereno e risollevato lungo il ventre dell’Arte.

Infatti: aggettivi come imponente, grandioso, stupefacente che si accompagnano paradossalmente a leggero, luminoso, buio in un magistrale lavoro di chiaro-scuro e un termine quale ventre sono ciò che mi vien immediatamente nel dover definire il MAXXI.

È davvero incredibile come avvicinandosi al MAXXI dal fronte dell’ingresso di via Guido Reni si rimanga perplessi sorprendendosi a pensare: tutto qui?

Infatti tutto sembra come una volta, a cominciare dal palazzo in stile umbertino dai toni grigio-cilestrini che è rimasto come era. Se non per un blocco di cemento, liscio e dinamicamente scolpito come affettato da una accetta, che vi si adagia sul tetto. L’unico elemento estraneo che anticipa la meraviglia del varcare il cancello d’ingresso.

Infatti: la facciata umbertina sembra quasi una quinta teatrale, un sipario che nasconde ciò che maestosamente vive dietro, incredibilmente nascosto agli occhi dalla strada.

Un cortile lineare nei toni del grigio, dove vialetti di cemento si alternano a prati di ciottoli levigati bianchi, apre la vista sulla struttura di cemento, interrotta da ampie vetrate, che gioca con linee decise, nette, tagliate, spigolose e la sinuosità delle curve.

Arrivarci sotto rende l’idea dell’imponenza. Ci si sente piccoli piccoli, sotto quelle pareti lisce di cemento che sembrano adagiarsi sul terreno vincendo la forza di gravità così rastremate quasi a forma conica inversa poiché più salgono al cielo e più si allargano anziché restringersi.

Girare attorno alla struttura richiede tempo, ma va fatto: per rendersi conto della grandiosità silente e lineare. Anche tra centinaia di persone ci si sente soli, piccoli, muti in ascolto del silenzio. Gli spazi esterni si fanno ora ampi ora stretti, ora aperti ora incanalati.

E poi, una volta all’interno, gli spazi manifestano tutta la grandiosità che solo si percepisce, immagina, intuisce dall’esterno. Anche qui: giochi di linee decise e di curve morbide. La sensualità che riesce a esprimere l’architettura è sorprendente. Davvero: è come entrare in un ventre che accoglie. Accoglie ma spaventa anche. Ci si muove dentro sentendosi piccoli nell’immensità degli spazi ora aperti, ora chiusi.

Stupefacente il gioco di luce e ombra, di aperture e chiusure donato dalla struttura, con scale aperte che dal salone centrale portano in ogni angolo con giochi di intrecci che lasciano incantati. Corridoi, passaggi, sale, scale: tutto segue un gioco di linee e curve, di incastri e incroci.

Una esperienza architettonica che quasi distoglie l’attenzione su ciò che vi è esposto. Gli spazi espositivi sono tanti e tali da permettere l’ospitare tanti eventi contemporaneamente.

Tra le mostre ora in luogo segnalo la retrospettiva sul celebre architetto Luigi Moretti (1906-1973), tra gli esponenti più importanti del razionalismo del Ventennio (celebre il suo Foro Mussolini, ora Italico, a Roma; come alcuni ponti sul Tevere e altre strutture pubbliche) e che, anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, ha lasciato tante opere fondamentali come il Villaggio Olimpico sempre a Roma.

Una mostra perfetta, questa, per celebrare l’inaugurazione di una struttura architettonica davvero notevole: il MAXXI.

2 commenti su “Roma: finalmente il MAXXI

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Questa voce è stata pubblicata il 3 giugno 2010 da in Cultura - Arte - Musica con tag , , , .