La Corte di Cassazione interviene frequentemente sul danno da “vacanza rovinata”, riconoscendo in modo sempre più incisivo il diritto del turista ad usufruire di tutti i servizi inclusi nel pacchetto turistico c.d. “tutto compreso”.
In tale contratto, infatti, la finalità turistica (o, con espressione più generale, lo “scopo di piacere”) si sostanzia nell’interesse che è funzionalmente volta a soddisfare: risultano, pertanto, essenziali tutte le attività e i servizi strumentali alla realizzazione del godimento della vacanza per come essa viene proposta dal tour operator e accettata dall’utente.
In una sentenza del 2008, che torna decisamente attuale in questo periodo, è stata data autorevole conferma, dunque, all’importanza della vacanza ed al valore aggiunto che questa ha nella vita della persona quale momento tanto agognato e desiderato dopo un anno di lavoro.
In particolare, una coppia di turisti aveva acquistato un soggiorno “tutto compreso” a Djerba, in Tunisia, in un villaggio turistico, ma, a causa dello scarico abusivo di una petroliera, non poteva fare il bagno per le condizioni di impraticabilità della spiaggia e del mare durante tutto il soggiorno.
Nonostante i reclami inoltrati in loco, il tour operator non si è adoperato per fornire servizi alternativi idonei durante il soggiorno. I turisti si sono dunque rivolti al Giudice di Pace di Roma per essere indennizzati del danno a loro derivato ed è stata loro liquidata una somma pari alla metà del costo della vacanza.
Il tour operator, condannato al suddetto risarcimento, ha proposto appello al Tribunale di Roma che, però, ha confermato la decisione del Giudice di Pace, affermando che “l’operatore turistico non aveva adempiuto all’obbligo di attivarsi per offrire al cliente soluzioni alternative né aveva offerto una parziale restituzione del prezzo”, come previsto dall’art. 12, 4° comma, d.lgs. n. 111 del 1995 in materia di viaggi tutto compreso (oggi, art. 91 Codice del consumo).
Conseguentemente, il tour operator ha proposto ricorso dinanzi la Corte di Cassazione, richiamando l’art. 96 codice del consumo che prevede l’esonero di responsabilità dell’organizzatore quando la mancata o inesatta esecuzione del contratto “è dipesa dal fatto di un terzo a carattere imprevedibile o inevitabile, ovvero da un caso fortuito o di forza maggiore”.
La Suprema Corte, nella sua pronuncia, ha precisato che (ovviamente) il tour operator non può essere considerato responsabile dello scarico abusivo cagionato da altri, ma ne ha confermato la responsabilità per la mancata offerta ai turisti di una valida alternativa.
Con tale sentenza, dunque, la Corte è arrivata ad estendere ancora maggiormente la tutela del consumatore-turista, identificando una responsabilità del tour operator non (soltanto) per una sua diretta mancanza nell’esecuzione delle prestazioni dovute, ai sensi dell’art. 93 codice del consumo (che prevede, in caso di mancato o inesatto adempimento delle obbligazioni assunte, l’obbligo di risarcire il danno), ma tramite l’applicazione dell’art. 91, 4° comma, che dispone testualmente: “dopo la partenza, quando una parte essenziale dei servizi previsti dal contratto non può essere effettuata, l’organizzatore predispone adeguate soluzioni alternative per la prosecuzione del viaggio programmato non comportanti oneri di qualsiasi tipo a carico del consumatore, oppure rimborsa quest’ultimo nei limiti della differenza tra le prestazioni originariamente previste e quelle effettuate, salvo il risarcimento del danno”.
Il tour operator, dunque, merita di essere condannato a risarcire i turisti-consumatori perché, a fronte del venire meno di un presupposto essenziale della vacanza quale la mancata fruibilità di una mare di particolare bellezza e attrattività come quello dell’isola di Djerba, non si è attivato per offrire adeguate soluzioni alternative per la prosecuzione della vacanza rimborsando, altresì, la differenza tra il valore economico delle prestazioni previste e quelle non fruite.
Autore: Stefano Perciaccante
Fonte: http://www.consumatori.it