Io una Suv non la comprerei mai: non mi serve. E penso che razionalmente non serva nemmeno alla maggior parte di chi invece ne ha acquistata una: a ben vedere, una station wagon (di pari categoria, ovviamente) offre più o meno lo stesso spazio e ha una lunghezza analoga, ma ha il vantaggio determinante di consumare meno.
Dunque, una Suv serve soprattutto ad appagare esigenze e desideri in termini di status, percezione di protezione, visibilità da e verso lontano e sensazione di ariosità. Che personalmente non ritengo valgano la pena di sobbarcarsi consumi e minor maneggevolezza tipici di questi mezzi.
Faccio questa lunga premessa per dire che non amo le Suv. Ma non per questo credo le si debba colpevolizzare sempre e comunque, come implicitamente si sta facendo in queste ore di caccia all’uomo dopo che con una Suv ieri sera è stato deliberatamente investito e ucciso un vigile a Milano.
Dai mezzi d’informazione sta emergendo la ricostruzione di una vicenda ancora poco chiara, che potrebbe persino essere nata non dall’inquietante follia stradale di chi all’improvviso travolge chiunque lo ostacoli ma dalla più normale volontà di due malviventi di sottrarsi a un controllo. E sono stati citati altri casi recenti di follia stradale in cui le Suv non c’entrano nulla.
Ma nei titoli delle notizie su questo fatto orribile, così come in quelli sul bambino investito e ucciso l’altro ieri nel parcheggio del suo asilo nel Lodigiano, campeggia sempre la parola Suv. Per noi che facciamo i giornalisti, è evidente che questo è un ammiccamento al pubblico per catturarne l’interesse e guadagnarsi una copia, un clic o una frazione di share in più. Ma per le persone normali è un chiaro invito a pensare alla pericolosità delle Suv e all’arroganza di chi le guida.
Quanto alla pericolosità, non si può negare che il peso esagerato di molte Suv crea problemi se si viene urtati da una di esse. E non di rado il comportamento di una Suv in una manovra d’emergenza, per quanto lodato da chi lo descrive al pubblico (perché si fa il paragone con altri mezzi della stessa categoria), è peggiore rispetto a quello di una station wagon.
Ma nel caso del povero vigile ucciso ieri tutto questo non c’entra nulla: se hai davanti una persona a piedi e decidi di travolgerla o comunque di impedire che possa fermarti in quello che stai facendo, puoi ucciderla anche con una Smart o uno dei pochi modelli appena usciti a pieni voti dai crash-test sui pedoni.
Quanto all’arroganza di chi guida una Suv, non nego che possa esserci. Ma attenzione: può anche essere arrogante di può permettersi solo un’auto ben più piccola (lo ricorda proprio oggi Paoblog a proposito delle Smart).
E, al contrario, oggi sul mercato si possono trovare anche Suv di marchio prestigioso ma con una quindicina d’anni sulle spalle, che ormai non valgono più nulla; quindi, ogni facile accostamento tra l’arroganza e il reddito di una certa classe di vecchi e nuovi ricchi alla guida di auto del genere va a farsi benedire. E, dalle prime foto pubblicate, questo sembra proprio il caso dell’omicidio di Milano.
Alla fine, nell’incertezza sulla ricostruzione del fatto, questo orribile omicidio sfugge a tante analisi sociologiche che si sono subito lette in queste ore. Resta in piedi solo la considerazione sulla vita dei vigili: contrariamente a quanto molti credono e a quanto il modo di lavorare di alcuni ci fa credere, la rischiano anche loro.
E, alla luce dei tagli che stanno colpendo anche questa categoria, c’è chi si chiede se ne valga la pena.
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