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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Quando il diritto al lavoro si trasforma in un favore

di Maurizio Caprino

Stamattina permettetemi di uscire dal seminato. Gli incroci della vita mi riportano a Milano e sto preparando il trasloco da Bari (per questo non riesco a essere assiduo con i post). Così ho scritto un messaggio di commiato ai tanti collaboratori free lance che ho avuto in Puglia e Basilicata in questi otto anni.

Sapete qual è stata la loro risposta più frequente?

Grazie per avermi dato la possibilità di collaborare“.

Non è una frase banale come sembra: nel giornalismo, soprattutto al Sud, la possibilità di collaborare si concede solo agli amici e agli amici degli amici.

Ecco perché mi ringraziano: quello che è un diritto del singolo (cui poi corrisponde il diritto del giornale a selezionare chi appare migliore) si trasforma in favore. A prescindere dalla qualità della persona.

Così, quando a fine 2003 mi ritrovai paracadutato a Bari, mi trovai di fronte a chi cercava approcci in qualsiasi modo, perché la regola era quella: ingraziarsi e ammanicarsi per poter lavorare (che poi nel caso nostro non equivaleva a garantirsi uno stipendio, ma solo un euro per ogni riga di 60 caratteri venisse scritta per “Il Sole-24 Ore”).

Insomma, otto anni fa, dando a chiunque lo chiedesse la semplice possibilità di collaborare, mi resi conto di aver introdotto un principio rivoluzionario.

Triste per la professione, ma è così. Ancora oggi. Ed è bene che voi lettori lo sappiate.