L’uomo più veloce del mondo si ferma, riflette, ricorda gli episodi della sua vita che l’hanno portato a essere quello che è, e li mette nero su bianco in una autobiografia.
Usain Bolt si racconta, dall’infanzia in un piccolo villaggio giamaicano, in cui correre e giocare a cricket e calcio erano le poche occasioni di divertimento, fino all’esplosione nella scena dell’atletica mondiale, avvenuta nel 2004 con il primato juniores sui 200 metri: il primo ragazzo a scendere sotto i 20 secondi.
Da lì in poi la sua corsa non si sarebbe fermata. Sei titoli olimpici, tre record del mondo, tempi considerati inarrivabili prima della sua comparsa sulla scena, e ancora oggi difficilissimi da battere.
Il dominio all’Olimpiade di Pechino 2008, la conferma in quella di Londra 2012, quattro anni più tardi, quando vincere ovunque non sembrava più così scontato.
Il tutto condito con una importante dose di ironia da guascone, con quell’istrionismo narcisista da show-man consumato che l’ha reso estremamente popolare pur riservandogli aspre critiche.
Questo è Usain Bolt. L’uomo più veloce del mondo.