I sostenitori del “no” al referendum abrogativo sulle estrazioni di idrocarburi in mare utilizzano due argomenti principali: il fabbisogno energetico nazionale e i posti di lavoro.
Quello che si sta sostenendo – anche da parte del Presidente del Consiglio Renzi – è che se il referendum del 17 aprile dovesse andare a buon fine si metterebbe in ginocchio l’occupazione dell’intero comparto degli idrocarburi.
L’affermazione non è corretta.
Il referendum spiegherebbe i propri effetti immediati non già sulle attività di estrazione in corso, ma sulla durata “naturale” delle concessioni attualmente vigenti.
Oggi, la realizzazione di progetti petroliferi non crea di per sé posti di lavoro significativi.
Basti pensare al progetto “Ombrina mare”, il cui procedimento per il rilascio della concessione è stato chiuso solo di recente. Qualora fosse stato realizzato, il progetto avrebbe dato lavoro solo a ventiquattro persone.
Certo, ci sarebbe stato comunque l’indotto da considerare.
Ma quel progetto – per le sue caratteristiche proprie – avrebbe potuto compromettere ben altre attività economiche: per esempio il turismo della costa teatina, il quale – diversamente da quello romagnolo (romagnolo, non ravennate, si badi) – non è un turismo di massa e risulta attrattivo per ragioni che non possono prescindere dalle tipicità del territorio: i trabocchi in mare, l’agriturismo, i borghi storici, ecc.
lettura integrale (consigliata) qui: Idrocarburi in mare e lavoro: facciamo chiarezza
C’e’ un referendum su questo argomento? Mi pare che non se ne parli molto sui media.
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sicuri si diventa, Ride Safe.