
Trama: Agosto 1942-marzo 1943. Martin von Bora, uomo tormentato e diviso, ufficiale tedesco dominato da un senso dell’onore che lo imprigiona, è sul fronte di Stalingrado. Riceve l’ordine dal comandante supremo, generale Paulus, di indagare, in quanto agente esperto del controspionaggio, sulla scomparsa nella steppa (incidente, assassinio?) dei coniugi romeni Nicolae Tincu e Bianca Costin, venuti in visita privata al quartier generale delle forze tedesche.
L’ordine è strano sotto tutti i punti di vista, in un momento come quello; e i so-spetti si infittiscono presto, quando scopre che i due romeni sono tutt’altro che ospiti banali, ma importanti scienziati che hanno collaborato con Enrico Fermi ed Ettore Majorana.
L’indagine si trascina per mesi, nel caos infernale dell’assedio. Bora trova l’aiuto, e forse la vicinanza umana, di un maggiore italiano, Amerigo Galvani, con il quale intravede nel delitto una complicata catena che lega e confonde guerra, interessi privati, spionaggio di alleati e di nemici. Ma tutto affoga in un teatro di ferocia che a Martin appare ogni giorno che passa più catastrofico e rivelatore. E lascia in lui, molto più che una delusione, un senso di nulla.
Opinione personale: Verrebbe da dire che ho perso il conto dei libri letti di Ben Pastor con protagonista Martin von Bora, ma in realtà con questo sono a 13.
In questo libro si torna indietro nel tempo e quindi alla campagna di Stalingrado che, neanche a farlo apposta, è quella che mi ha fatto conoscere Martin Bora nell’eccellente racconto Il giaciglio d’acciaio.
L’indagine, che si accavalla con la lotta per sopravvivenza di Bora e dei suoi uomini, è veramente strana, ma il tutto è ben amalgamato, al solito, ed una volta di più il libro guadagna un Ottimo (5* su Kobo); a livello statistico, aggiungo che su 13 libri letti, 2 sono stati giudicati Medi, 2 Buoni e tutti gli altri Ottimi.