
Dietro l’Arc de Triomphe illuminato dai riflettori, un’enorme bandiera rossa, bianca e blu garrisce nel vento. Nel cielo coperto la sua ombra sbiadita e stracciata sembra un pennone a brandelli, sprofondato nelle tenebre sempre piú fitte.
È il 1938, e a Parigi i segni della catastrofe incombente si percepiscono ovunque, nei volti dei passanti, nei caffè, nei bordelli, nel cuore pulsante di una città che si avvia alla rovina.
La Ville Lumière è l’albergo dei rifugiati di mezza Europa, spagnoli, italiani, tedeschi soprattutto. Svolgono i mestieri piú ingrati per vivere, con l’incubo sempre di essere scoperti dagli altri ospiti dell’albergo parigino, le spie dei regimi da cui sono scappati.
Ravic lavora in un bordello. Cura le prostitute, ragazze che si danno al mestiere per «premunirsi contro il degrado». A volte esegue operazioni chirurgiche in un ospedale, al posto di medici francesi non in grado di farle.
Ravic è infatti un bravo chirurgo tedesco sfuggito alle grinfie della Gestapo e, con l’aiuto di amici, riparato clandestinamente nella capitale francese. Trascorre le sue ore nei bordelli e nei caffè con l’animo di chi è stato privato della patria ed è alimentato soltanto dalla vendetta nei confronti del suo persecutore, Haake, l’uomo della Gestapo.
Nei romanzi di Remarque le ragioni del cuore e quelle crudeli della Storia si danno sempre appuntamento, e così accade in Arco di Trionfo.
Ravic incontra Joan Madou, un’attrice dagli occhi grandi e chiari, impietriti in una cupa disperazione, una donna ferita a tal punto dalla vita da desiderare soltanto una cosa: sopravvivere.
Pubblicato per la prima volta nel 1946, oggetto nel 1948 di una fortunata trasposizione cinematografica diretta da Lewis Milestone e interpretata da Charles Boyer e Ingrid Bergman, Arco di Trionfo è una delle opere piú amate di Remarque, una indimenticabile storia d’amore e, insieme, uno dei romanzi politici piú riusciti della letteratura moderna.
Opinione personale: La parola che riassume questo romanzo di Remarque è troppo e non in senso negativo. Troppo amore, troppa paura, troppa sfiducia, troppi ricordi, troppo dolore, troppa disperazione, troppa incertezza, troppa violenza.
Si potrebbe continuare per parecchio, ma il senso del discorso è chiaro e questo insieme di “troppi” porta Ravic a vivere con diffidenza prima, paura poi ed infine con totale trasporto l’amore nato in maniera inaspettata per Joan.
Joan è troppo sola ed insicura e troppo affamata di amore ed attenzioni e tutto questo sfocia in un amore totalizzante, all’apparenza, per Ravic per poi mutare in qualcosa di diverso, sincero e falso nel contempo, e questo atteggiamento finisce per trasformare il rapporto in un amore tossico, dove Ravic subisce il fascino di Joan, faticando a staccarsi, fino al momento in cui lo fa, anche se poi un evento inaspettato lo conduce all’epilogo, forse inevitabile, di cui non parlerò, ovviamente.
Sullo sfondo, la Parigi scintillante e nel contempo oscurata dai venti del conflitto in arrivo, l’ennesimo, solo 20 anni dopo la Grande Guerra ecco discorsi di guerra dalla Germania nazista ed i tentativi di ignorarli, come se tuffandosi nelle notti parigine spazzasse via quest’aria maligna. Non succederà, lo sappiamo bene.
Ravic inizialmente sembra solo un cinico disincantato, ma il proseguo della lettura ce lo fa conoscere meglio e quindi quando hai alle spalle l’arresto della Gestapo, le torture, la morte di persone care e la detenzione in un campo di concentramento, sino a ritrovarsi un profugo senza documenti e sulla testa la spada di Damocle dell’arresto e relativa espulsione, diventa naturale vivere nella diffidenza e non nell’indifferenza a tutto quello che succede intorno.
Ed infatti una svolta accade quando il Dottor Ravic interviene sulla scena di un incidente, spinto da quell’umanità e quella professionalità che lo contraddistingue, trovandosi alle prese con un gendarme francese diffidente e prevenuto nei confronti dei tedeschi, anche se profughi in fuga dal nazismo.
Una lettura un po’ lunga, forse, in quanto le dinamiche tendono a ripetersi, ma in ogni caso non noiosa se si ha la pazienza di conoscere i personaggi, cercando di mettersi nei loro panni, soprattutto considerando i tempi in cui vivevano.
Nella mia classifica personale ha guadagnato un Buono (4* su Kobo).