A cura di Spugna
Per le persone con diversa abilità viaggiare può restare solo un miraggio. In questi giorni, in cui l’estate inizia ad affacciarsi prepotentemente sul nostro Bel Paese non vediamo l’ora di dimenticare tutti i nostri problemi trascorrendo qualche giorno in spiaggia o passeggiando in montagna, oppure, se ne abbiamo la possibilità, raggiungendo mete lontane ed insolite come quelle che tante volte vi abbiamo segnalato sulla nostra newsletter.
Lo consideriamo un nostro diritto, una ricompensa per le ore passate in ufficio, in fabbrica, a badare alla casa e ai figli, studiando. Per tante persone che appartengono alle cosiddette fasce deboli della popolazione italiana non è così: non solo – è brutale dirlo – per una questione economica (oggi più che mai avvertita dalle famiglie mono reddito e dagli anziani soli) ma anche per la mancanza di strutture in grado di supportare il diritto alla vacanza dei disabili, dei loro familiari o di chi abitualmente si prende cura di loro.
Non è nelle nostre intenzioni o nelle nostre possibilità svolgere un’inchiesta approfondita come avremmo voluto, ma siamo stati sollecitati dai nostri lettori ed abbiamo visto coi nostri occhi la difficoltà di un collega (che si può muovere solo su una carrozzella batteria) per prenotare un viaggio in Calabria: questo ci ha spinto a toccare l’argomento anche come invito alla riflessione.
Aggiungiamo inoltre che, ormai, per un complesso insieme di fattori economici e politici le ASL che erogano il cosiddetto assegno di sollievo – ovvero il soggiorno gratuito o un contributo calcolato sulla percentuale di invalidità ed il valore del reddito ISEE – sono sempre meno. Per molte persone questo era, di fatto, l’unico sistema per ricevere in luoghi diversi dagli ospedali e situati in località montane o marine assistenza da personale qualificato in ambienti sicuri e con poche o nulle barriere architettoniche.
Lussi che in strutture private la stragrande maggioranza dei disabili non si può permettere. Per questo motivo una soluzione sempre più praticata è il passaparola in Rete, attraverso i siti delle associazioni come l’ANMIC o altri patronati o sindacati, presenti in tutta Italia, o quelle che fanno riferimento a patologie croniche o situazioni particolari: in gruppo è più facile individuare luoghi che assicurano i comfort necessari ad un prezzo accettabile.
Non è raro, inoltre, che le associazioni stesse si dotino di proprie case vacanze donate o acquisite dai soci dove è possibile soggiornare a prezzi convenzionati durante l’estate.
Come sempre dunque l’Italia, sia nel pubblico sia nel privato, si rivela un paese a due o più velocità: da un lato vediamo iniziative meritorie come quelle del personale dell’ospedale di Acqui Terme, che si accolla un turno serale di dialisi in più per agevolare chi reca in vacanza nella località piemontese, dall’altra Trenitalia che non assicura l’assistenza ai disabili in tutte le stazioni, ma solo negli snodi principali a seguito di prenotazioni fatte con grande anticipo.
E ancora: come verificare se effettivamente una struttura è priva di barriere, se non facendo un sopralluogo preventivo di persona o inviando amici e parenti in avanscoperta? Tuttavia le prime, timide iniziative di investimento privato per un turismo di nicchia stanno prendendo le mosse anche nella Penisola (basta cercare in rete) sulla falsariga di quanto avviene da sempre in Spagna, Francia e Germania, dove l’accessibilità è realmente obbligatoria e in qualche modo garantita dalle autorità.
Come scrive nel suo splendido blog sulla Gazzetta dello Sport Fiamma Satta, sembra che nelle località di vacanza i diversamente abili siano una cosa incongrua, disarmonica, che reca fastidio ai normodotati. In realtà sono il rumore, la sporcizia, il caos e non le persone che oltraggiano l’armonia di un panorama o di una spiaggia. Un grande buco nero restano i trasporti che non si avvalgano di auto privata o modificata appositamente. Ne parleremo nel prossimo numero.
Fonte : Turista per caso Newsletter di buongiorno.com