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La sentenza-scandalo sui fidanzati travolti: spiegata dal giudice fa meno scandalo

La scorsa primavera, il polverone mediatico aveva coperto ogni possibilità di analisi. Così, quando la Cassazione ha stabilito che Stefano Lucidi era responsabile solo di omicidio colposo, mi sono astenuto da ogni commento.

L’opinione pubblica avrebbe voluto una condanna per omicidio volontario, ben più pesante: Lucidi non avrebbe potuto guidare (patente revocata per droga) e invece correva come un matto a Roma nel traffico della Nomentana, infischiandosene dei semafori rossi. Così a un incrocio aveva falciato due fidanzati in motorino.

Una storia crudele, non si discute. Ma, ora che le motivazioni delle sentenza sono state depositate, si può capire che forse Lucidi effettivamente non poteva pagare come se avesse ucciso volontariamente.

Lo spiega un altro giudice di Cassazione, Vincenzo Romis, nella sua rubrica di giurisprudenza pubblicata sull’ultimo numero di “Mondoauto” (la rivista dell’Ac Napoli, nella cui commissione giuridica siede anche Romis).

Tecnicamente, quello che la gente avrebbe voluto è il riconoscimento del “dolo eventuale”, figura intermedia tra omicidio colposo e doloso assimilabile a quest’ultimo.

Cioè della tesi secondo cui Lucidi non aveva intenzione di uccidere a tutti i costi qualcuno e men che meno i due fidanzati, ma guidando in quel modo poteva certamente prevedere che qualcuno avrebbe seriamente rischiato di perdere la vita e nonostante questo non ha desistito, arrivando poi effettivamente a causare la morte di due persone. Questo caso è stato preso come simbolo della battaglia per condannare pesantemente i pirati della strada recidivi.

La Cassazione, però, ha frenato. Ristabilendo i confini tra omicidio colposo e doloso. In sostanza, per considerare Lucidi un assassino in senso pieno, si sarebbe dovuto…

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