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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Un libro: Corte d’Assise

di Georges Simenon

Ediz. Adelphi – Pagg. 180 – € 18,00

C’è un momento, in molti romanzi di Simenon, in cui il protagonista raggiunge il limite, attraversa cioè una invisibile frontiera al di là della quale l’immagine che ha di sé va in pezzi – ed egli si trova di fronte a qualcosa che somiglia molto alla verità. Così accadrà anche a Petit Louis in questo romanzo. Uno che si dà arie da gangster e invece è solo una mezza cartuccia.

Uno che al massimo può fare il palo, o distrarre con le sue prodezze di giocatore di bocce i turisti di Le Lavandou, mentre i gangster veri, i Marsigliesi, rapinano l’ufficio postale. E che non sa tenere la bocca chiusa: tant’è che, alla matura signora che quella notte se lo porta nella sua camera d’albergo, lascia intendere che di quel colpo qualcosa lui sa. Della signora (che si è presentata come contessa, ma è fasulla quanto lui e si fa mantenere da un ex funzionario delle dogane) Petit Louis diventa l’amante: vitto, alloggio, bei vestiti e qualche oggettino di valore gli regalano un’esistenza da mediocre gigolò che sembra appagare tutti i suoi desideri.

Eppure un giorno, quando meno se l’aspetta, si troverà in mano delle carte truccate, e verrà accusato di un delitto che non ha commesso, ma in cui tutte le apparenze sono contro di lui. Solo allora, costretto a confrontarsi con una giustizia che si rivelerà “una macchina mostruosa” decisa a stritolarlo, il piccolo, fatuo malavitoso comincerà a vivere “la sua vera vita, la vita secondo il suo Destino”.

Letto da: Francesco

Opinione: Ambientato nella Francia del Sud, questo romanzo scritto nel 1941 mette in luce, una volta ancora, la straordinaria capacità di Simenon nell’indagare le infinite sfumature dell’animo e del carattere umano rappresentandole con apparente distacco e neutralità.

Attorno alla figura del mediocre giovane Petit Louis ruota tutto il romanzo, tanto che la trama e l’impianto giallo restano in secondo piano, come un sottofondo utile unicamente a farvi muovere il protagonista e i comprimari che contribuiscono a scriverne il suo Destino.

Neppure si saprà, alla fine, chi è l’assassino: ognuno può farsene idea, giungendo alle proprie conclusioni. Ma probabilmente, come è successo a me, ogni conclusione lascia il passo al piacere di osservare e indagare l’animo di questo uomo affascinante nella propria mediocrità in bilico tra bene e male, tra cinismo e masochismo, tra consapevolezza e inconsistenza, tra narcisismo e scarsa considerazione di sé, tra giovanile arroganza e infantili timori, tra capacità fin troppo sopravvalutate di governare il Prossimo e incapacità di farsi travolgere impotente dagli eventi come una marionetta manovrata dal Destino e dagli uomini che ne circondano la vita, tra forte carisma potenziale e infinite debolezze.

Il bianco assoluto e il nero assoluto con tutte le sfumature possibili e impossibili raccontate molto piacevolmente – attraverso la consueta fluidità di scrittura e scorrevolezza di lettura – per mezzo della figura di un piccolo, piccolo, mediocre uomo. Un piccolo capolavoro.

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Questa voce è stata pubblicata il 18 ottobre 2010 da in L'angolo dei libri - Le nostre segnalazioni con tag , , , , .