Il problema era già stato affrontato da Roberto La Pira nel gennaio 2010 con questi due articoli nei quali parlava del pelo di coyote utilizzato da Woolrich e di quello di procione da Geox.
Ora un articolo tratto da Lifegate.it che evidenzia una situazione diffusa che però potremmo combattere in prima persona con un minimo di attenzione al momento della scelta del capo da acquistare.
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Primi freddi, nuovi acquisti di cappotti e soprabiti pesanti. Come evitare di acquistare bordi di pellicciotto dei nostri amati animali domestici? Ecco come riconoscerli: nomi, etichette e norme generali.
L’utilizzo di qualunque pelliccia è deprecabile, ma in Italia è addirittura illegale commercializzare capi d’abbigliamento con pelli e pellicce di cani o gatti. Eppure, può capitare di trovarne. Ogni inverno i giornali se ne occupano. Tutte le denunce presentate finora sono state archiviate. Se la legge non ci presta attenzione, facciamola noi.
“Da quando in italia è diventato reato la realizzazione di capi con pellicce di cane e gatto – spiega Ilaria Ferri, direttore scientifico Enpa – le etichette tendono a non riportare più questi nomi fantasiosi ma si limitano a ‘vera pelliccia’.Infatti una delle nostre battaglie è quella della richiesta di obbligo di etichettatura. Ciò aiuterebbe anche a evidenziare un altro reato,la frode commerciale. Così sarebbe possibile incastrare questi criminali anche se non fossero pellicce di cane e gatto”.
In caso di dubbio si potrebbero perfino chiamare i Carabinieri (del NOE, Carabinieri Nucleo Ecologico). Prima o poi ci saranno indagini presso importatori e sartorie.