
Dopo aver curato volumi prestigiosi su Fabrizio De André, Fernanda Pivano e Mia Martini, Guido Harari torna “fotografo senza macchina fotografica” per costruire il ritratto definitivo e ufficiale di uno straordinario amico.
Lo fa attraverso lo sterminato archivio della Fondazione Giorgio Gaber, dei cui tesori viene qui presentata per la prima volta una corposa sintesi, con trascrizioni di materiali audio e video, interviste, manoscritti e testi spesso inediti, memorabilia, rare copertine di dischi e lacche e fotografie tratte dagli archivi dei fotografi che più da vicino hanno seguito l’artista.
Impreziosiscono il volume una dettagliata cronologia e una discografia completa di rarità italiane e internazionali a cura di Claudio Sassi.
La viva voce di Gaber prende il largo in un caleidoscopio molto intimo di pensieri e parole, ricavato accostando testi di provenienza e di epoche diverse. Parole su cui soffiano il vento di una morale di lotta, l’ansia di un’etica nuova. Perché Gaber è un bisturi che incide senza pietà sulla realtà.
Immagina, auspica, anzi esige un nuovo umanesimo e, con esso, un individuo fatto di privato e di politico, ancora tutto da inventare. È questa “l’illogica utopia” del qui e ora, da cui prende il titolo il libro, condita di un “appassionato pessimismo” che l’artista vorrebbe detonatore di uno slancio vitale e gioioso verso il futuro. Perché “la realtà è un uccello che non ha memoria. Devi immaginare da che parte va”.
Fonte: www.illibraio.it
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Gaber, un mito della mia gioventù. Mi ha insegnato a non essere indifferente alle cose, a non fermarmi all’apparenza, a non essere “polli da allevamento”… Un grande che non tutti hanno apprezzato nella sua grandezza.