Ci sono voluti tre anni e mezzo prima che entrassero in vigore i limiti di potenza per gli autoveicoli guidabili dai neopatentati (che si aggiungono a quelli per le moto e ai limiti di velocità ridotti, operativi da oltre 15 anni).
Il ritardo è stato dovuto al “mercanteggiamento” tra industria e politica per fissare soglie che non escludessero modelli “eccellenti”, tanto che i valori fissati inizialmente con decreto Bianchi (Dl 117/07, la cui entrata in vigore su questo punto è stata rinviata più volte) sono stati ritoccati dalla riforma del Codice andata in porto la scorsa estate.
Sia come sia, ora ci siamo. E ne fanno le spese le famiglie: non poche saranno costrette ad acquistare un’auto apposta per il figlio (peraltro, l’apparato commerciale dei costruttori non pare aver colto l’importanza dell’occasione ed è in ritardo sulle informazioni ai clienti).
E, se non potranno permettersi neanche un macinino usato, per rispettare la legge dovrebbero far andare il figlio a piedi per un anno: giusto il contrario del percorso “virtuoso” disegnato dalla legge, che avrebbe voluto che i giovani si facessero un’esperienza prima di guidare mezzi più potenti.
Casi-limite? Con questa crisi, non direi. E comunque questi problemi erano stati sul tappeto anche tra fine anni Ottanta e inizio anni Novanta: anche all’epoca c’erano limiti per neopatentati e proprio per questi motivi si decise di abolirli.
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