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Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Un libro: Serpenti a sonagli

Il deserto del Nevada, strani riti sciamanici, tre amici di ritorno dal festival del Burning Man e una fellatio sotto il tiro di una pistola. E poi ancora un uomo in fuga dalla moglie e dal matrimonio che cerca di rifarsi una vita aprendo un pub alle Canarie, senza rinunciare al campionato di calcio inglese, alla birra e alle scopate facili.

Un gruppo di amiche di Chicago, la cui unica preoccupazione sono la linea, i cosmetici e i ragazzi. Uno scapestrato film-maker e attorucolo californiano in cerca di successo che incontra la vedova del suo idolo, un’inquietante Miss Arizona d’altri tempi appassionata di imbalsamazione.

Ci sono tutti, e sono allo stesso tempo nuovi e sorprendenti, i temi cari a Irvine Welsh in questa raccolta di racconti: pagine percorse da una solitudine bruciante, fatta di umiliazione, delusione, perfino orrore, che Welsh stempera con la consueta maestria ibridando i registri del grottesco, del ridicolo, dell’osceno, del fumettistico.

Una furiosa, rocambolesca discesa agli inferi delle meschinità e delle debolezze umane unita a un linguaggio corrosivo e politicamente scorretto, eppure del tutto sincero e liberatorio. Come se l’eccesso non fosse solo un modo per raccontare, ma anche un antidoto alle frustrazioni da cui non riusciamo a sfuggire.

“L’aria condizionata della Dodge Durango argento metallizzato era andata a puttane da prima: guasto al filtro e al radiatore.

Invece di una dolce aria fresca, dentro l’auto si era inspiegabilmente messa a soffiare la polvere rovente del deserto, che gli rigava la faccia e le mani sudate, mescolandosi agli strati accumulati in un weekend di follia da ballo carica di additivi.

Le gole, disidratate dalla droga e dal deserto, erano sempre più secche, gli occhi ormai privi di lacrime scottavano. Alla fine avevano dovuto spegnerla.

La strada era stata lunga dal festival del Burning Man, e non era uno scherzo guidare su quelle strade secondarie nel deserto. Adesso si erano persi in una tempesta di sabbia. A Eugene cominciava a far male la schiena; il suo fisico poderoso da linebacker doveva rattrappirsi sul sedile.

La terra sulle mani umide e viscide si stava trasformando in fango sul volante, e faceva sempre più caldo. Il suo torace possente si alzava e si abbassava nello sforzo dei polmoni di riempirsi di aria calda, morta…”

Fonte: Il Libraio

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Questa voce è stata pubblicata il 23 marzo 2011 da in L'angolo dei libri - Le nostre segnalazioni con tag , , , , .