Annamaria ha tre anni quando nascono Alessandro e Roberto. Ha già due fratelli maggiori e fino all’arrivo dei gemelli si sente la principessa di casa. Una casa contadina, in cui anche le principesse devono lavorare, svolgendo tutta una serie di incombenze domestiche, fra cui prendersi cura, per l’appunto, dei due fratellini.
Ma Roberto e Alessandro richiedono attenzioni molto diverse, perché non sono uguali: Roberto è «normale» e Alessandro ha la sindrome di Down. In famiglia la diversità di Alessandro viene accolta con naturalezza; è nel momento in cui deve andare a scuola, in cui deve relazionarsi con il mondo «esterno» che cominciano i problemi.
Nell’Italia degli anni Sessanta mandare Alessandro a vivere in un istituto per «handicappati» sembra l’unica soluzione, e tuttavia in famiglia le riserve sono tante e sarà proprio Annamaria a condurre una dura battaglia per sottrarre il fratello a un destino omologato sotto l’etichetta di «down» e per farlo vivere, invece, come persona, come Alessandro.
In questa lotta quotidiana e vincente Annamaria ha incontrato tante difficoltà, tanti pregiudizi, ma oltre alla sua famiglia che l’ha sempre sostenuta, ha anche incontrato persone e luoghi veramente speciali, uomini di fede e laici, amici e insegnanti, scuole, istituzioni e paesi interi che l’hanno aiutata, e che esistono sul serio e che rendono questa storia una bella storia.
“Devo dire che sono molto orgogliosa di mio fratello, di quello che è diventato. Non sono poi così sicura che quel cromosoma in più sia veramente un handicap. A volte sono pure invidiosa delle sue grandi capacità perché, anche se a modo suo, Alessandro suona il piano, canta, fa teatro e riesce a non fare le cose che non gli piacciono. Ora Alex è un adolescente che non crescerà mai. E’ vero che ha cinquant’anni, ma per chiunque è rimasto giovane, anche se gli sono comparsi i primi capelli bianchi.”
Fonte: Il Libraio