in sintesi un articolo di Stefania Cecchetti leggo su Il Fatto Alimentare
Sono state bloccate in frontiera alcuni lotti di borracce, fiaschette e tazze in alluminio prodotte in Cina per l’azienda italiana Ferrino.
La causa del ritiro è il rivestimento esterno in neoprene, una gomma sintetica. Le borracce hanno rivelato un significativo rilascio di naftalene (presente nella concentrazione di 4,7 mg per Kg di materiale) e di toluene (0,12 mg/Kg).
Si tratta di due composti tossici derivati del petrolio, tanto che il primo è classificato come sospetto cancerogeno, mentre il secondo è ritenuto potenzialmente dannoso per la riproduzione.
A bloccare l’importazione del prodotto, già lo scorso 15 febbraio, era stato l’USMAF (Ufficio di sanità marittima, aerea e di frontiera) del porto di Genova.
Nel caso della borraccia è stato il cattivo odore che emanava a indurre il controllo e il blocco in frontiera. Ma soltanto dopo un lungo iter burocratico la borraccia è stata segnalata agli altri Pesi europei attraverso il sistema europeo di allerta rapida per i prodotti pericolosi non alimentari RAPEX .
Purtroppo la comunicazione è stata fatta ufficialmente solo alla fine di agosto.
«Bisogna tuttavia precisare che il materiale tossico si trova nel rivestimento esterno della borraccia, visto che l’oggetto è in alluminio. Il pericolo, quindi, è inalatorio e cutaneo, non c’è rischio di contaminazione dell’acqua contenuta nella borraccia.
Il rischio inalatorio non è però da sottovalutare, perché può provocare stati irritativi dell’apparato respiratorio, soprattutto in ambienti ristretti come una tenda da campeggio. Per questo come consumatori è sempre buona regola diffidare di tutto quello che puzza di plastica, gomma o benzina. L’odore non è altro che una molecola chimica che raggiunge le nostre terminazioni nervose».
Nel caso la borraccia fosse riuscita a passare la frontiera e avesse recato danni a qualcuno, l’azienda Ferrino sarebbe stata passibile di sanzioni penali, secondo l’articolo 112 del Codice del consumo: «L’ignoranza non è ammessa: chi importa prodotti deve dotarsi di propri consulenti che verifichino la tossicità perché è responsabile come chi li produce», ha spiegato Fonda.
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