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Falsi filetti di cernia

in sintesi un articolo di Maria Paola Cicerone che leggo su Il Fatto Alimentare

È venduta come cernia, ma è solo un parente povero e, a volte, nemmeno quello. La denuncia arriva da Eurofishmarket, società di ricerca impegnata, insieme a università ed enti pubblici, a far chiarezza nel mercato del pesce.

Sempre più spesso – almeno in un caso su tre – succede di comprare come cernia pesci della stessa famiglia o addirittura di famiglie differenti, ma meno pregiati.

«Dal 2002 la legge vieta di ribattezzare il pesce con nomi di fantasia, è obbligatorio utilizzare una denominazione ufficiale  che corrisponde al nome latino»,  spiega Valentina Tepedino, veterinaria e  direttore di Eurofishmarket

Così, possono essere definite cernie solo quattro delle otto specie presenti nel Mediterraneo: l’Epinephelus aeneus, l’Epinephelus caninus  e l’Epinephelus marginatus, una specie segnalata come a rischio estinzione dato il calo del 70% della presenza nei nostri mari, mentre il  Polyprion americanus  può essere  venduto con il nome di “Cernia o Dotto”.

Le altre specie di cernia presenti sul mercato dovrebbero avere altri nomi, come  Cernia atlantica per l’Epinephelus goreensis e la Mycteroperca rubra o Cernia indopacifica  per l’Epinephelus diacanthus. Molto spesso però questi pesci sono venduti  semplicemente come “Cernie”.

Così si ingannano i consumatori perché si tratta di pesci meno pregiati di quelli pescati nel Mediterraneo, senza contare che alcuni potrebbero provenire da acque molto lontane o essere pesci ciguatossici ovvero con una tossina, potenzialmente pericolosa per l’uomo,  che si forma nei mari tropicali in presenza di particolari alghe.

Anche più grave il fatto che a volte sono venduti come filetti di cernia specie diverse, come eglefino o platessa, e anche pesci di acqua dolce, come pangasio o persico africano.

Un’indagine condotta in laboratorio con tecnologie avanzate da Eurofishmarket, mostra che su 87 campioni freschi e surgelati  proposti al pubblico come al dettaglio come «filetti di Cernia»,  il 37%  aveva un’etichetta errata e il 15% apparteneva addirittura ad altre specie.

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Questa voce è stata pubblicata il 27 settembre 2011 da in Alimentazione, Cucina & Ristoranti, Consumatori & Utenti, Leggo & Pubblico, Sicurezza alimentare con tag , , , .