un articolo di Roberto La Pira cheleggo su Il Fatto Alimentare che attesta come l’informazione, una volta di più, ci propini della facile disinformazione, perchè come dice La Pira: non siamo di fronte a un pesce pregiato da mettere in cima alla classifica. Ma si tratta comuque di filetti a buon mercato con le carte in regola.
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Il Pangasio in Italia non gode di una buona fama. Molti consumatori sono convinti che si tratti di filetti di un pesce di mediocre qualità, allevato in Vietnam in acque inquinate situate nel delta del fiume Mekong.
Il declassamento si deve soprattutto a notizie infondate, create in modo artificioso, come dimostra anche un articolo pubblicato sul Mattino di Napoli. E non giova certo alla sua causa l’abitudine di alcune pescherie di frodare i clienti vendendo filetti di Pangasio come filetti di cernia (come si è visto in un recente servizio di Striscia la notizia).
Ilfattoalimentare.it vuole descrivere un’altra realtà, estrapolata dai un recentissimo studio realizzato su 25 campioni di filetti di Pangasio, acquistati in differenti supermercati di Roma, e sottoposti a esami nei laboratori dell’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (Inran). L’esito delle analisi conferma i risultati ottenuti nel 2008 dagli stessi ricercatori, in un lavoro analogo.
«Siamo di fronte a pesci allevati in grandi impianti industriali che esportano in diversi Paesi europei – spiega Elena Orban responsabile della ricerca dell’Inran– per questo motivo il prodotto risulta abbastanza standardizzato e controllato. Si tratta di filetti con un’elevata quantità di acqua, poco grasso e un sapore neutro gradito dai bambini, che in genere non amano i gusti forti.
Da un punto di vista nutrizionale, il Pangasio contiene pochi omega 3 rispetto ai filetti di trota, salmone, orate e spigole di allevamento e selvagge, alici, sardine e altri pesci (2,5-7% contro il 20-38%, misurato sul totale degli acidi grassi). Questo aspetto va considerato con attenzione, perché l’importanza del consumo di pesce è legata alla presenza degli omega 3. Si tratta di un elemento distintivo rispetto ad altre fonti di proteine, come la carne.
Premesso che i filetti di Pangasio sono classificati come pesce magro (1-3% grammi di grasso), va detto che in questa piccola frazione prevalgono gli acidi grassi saturi (40-45% del totale, un valore che negli altri pesci di allevamento si dimezza, mentre nelle specie catturate in mare varia dal 32 al 38%.) I valori che abbiamo riscontrato sugli aspetti nutrizionali – conclude Orban – sono gli stessi trovati da una recente ricerca pubblicata da un istituto tedesco».
Un’altra accusa infondata rivolta al Pangasio riguarda l’inquinamento: è vero che il pesce arriva dal fiume Mekong, che nasce in Cina e attraversa diversi Paesi del Sud-Est asiatico dove è in atto una veloce industrializzazione.
Ma siamo di fronte a sospetti privi di riscontri analitici. Al contrario, le ricerche confermano la presenza saltuaria di tracce di pesticidi, Pcb e mercurio, ma molto al di sotto dei limiti di legge.
«Nei campioni da noi esaminati – spiega Orban – si è evidenziata la scarsissima presenza di mercurio, Pcb e pesticidi». Conclusioni analoghe a quelle di un lavoro realizzato nel 2009 dall’Istituto Zooprofilattico del Mezzogiorno.
Vale la pena anche di sottolineare ciò che emerge sfogliando i dati del Sistema di allerta alimentare europeo (RASFF): negli ultimi 14 mesi si registrano solo 19 partite di filetti di Pangasio ritirato dal mercato (4 in Italia), a fronte di 800 notifiche che hanno interessato i prodotti della pesca. A dispetto delle favole metropolitane e della cattiva stampa, questa è la realtà del Pangasio.
Certo: per quanto attiene gli aspetti nutrizionali, non siamo di fronte a un pesce pregiato da mettere in cima alla classifica. Ma si tratta comuque di filetti a buon mercato con le carte in regola.