di Gigi Garanzini
Mondadori – Pagg. 202 – € 14,00
Trama: È diventato così vorticoso il calcio dei nostri giorni, in cui appuntamenti ed emozioni, polemiche e prodezze si accavallano all’infinito, da indurci sempre più spesso alla riscoperta di un tempo in cui tutto aveva una scansione più umana, più congeniale a una passione da assaporare anziché da trangugiare.
Cresce anche tra i giovani la curiosità per la memoria, la domanda di personaggi che hanno segnato altre epoche. Come quell’autentico fuoriclasse di umanità che fu paròn Rocco. Nel centenario della nascita, Gigi Garanzini, che lo conobbe e lo frequentò quando era ormai sul viale del tramonto, ritorna sulle tracce dell’inimitabile allenatore triestino.
Un “viaggio nella memoria”, come lo definisce l’autore, che copre tutte le tappe della carriera e le diverse città che lo hanno visto protagonista: dalla sua Trieste, che amava di un amore non poi del tutto ricambiato, a Padova; dalla Milano rossonera dei grandi trionfi euromondiali alle più sofferte esperienze nella Torino granata e a Firenze.
A rievocare la figura di Rocco, si succedono le testimonianze di molti personaggi noti e meno noti. Una rivisitazione appassionata, ma mai agiografica, che celebra le qualità del tecnico senza tacerne qualche limite o gli episodi meno convincenti. Per tutti gli innamorati del pallone, al di là delle bandiere d’appartenenza, l’occasione per scoprire (o riscoprire) una commedia umana autentica, immersa in un’atmosfera genuina.
Letto da: Paolo
Opinione personale: Ho visto la presentazione del libro a Che tempo che fa ed insieme all’autore c’era Gianni Rivera che ha portato la testiminianza diretta sugli anni vissuti con Rocco; sono stati raccontati alcuni aneddoti, sicuramente curiosi e divertenti, che mi hanno fatto capire che non si trattava di un semplice libro su Nereo Rocco allenatore e pertanto alla prima occasione l’ho acquistato.
Pochi giorni prima di finire questo libro, ho detto a Paolino2 che avrei voluto lo leggesse, perchè questo non è un libro sul calcio, come lui temeva, ma la storia di un uomo, prima che un allenatore; e dopo Paolino2 il prestito è già opzionato da Francesco, anche lui incuriosito da quanto gli ho raccontato in merito.
Credo sia chiaro che il libro è stato di mio gradimento, tuttavia è necessario capire che non è un libro sul calcio, ma si parla di Nereo Rocco come uomo ed allenatore e le due cose non credo siano divisibili; un omaccione burbero, che nascondeva ai meno attenti una persona buona, uno che parlava sempre in triestino salvo rarissime occasioni, sempre negative, ma che riusciva a farsi capire anche con uno sguardo. Tranne poche persone, tutti i giocatori ed addetti ai lavori coinvolti in questo libro che è un susseguirsi di testimonianze ed aneddoti, dicono la stessa cosa: era impossibile non volergli bene, è stato come un padre, mi ha permesso di crescere e di essere l’uomo che sono.
Una costante nel suo comportamento era quello di usare il bastone e la carota con i più giovani, perchè dovevano imparare ad essere uomini prima che giocatori; molto duro in talune occasioni, sino a far piangere in campo un veterano 32enne, ma sempre con un occhio che vedeva più lontano ed infatti sulla distanza, tranne poche occasioni, ha sempre visto giusto. Il clan dei fedelissimi poi, giocatori capaci, in campo e fuori, che lo hanno seguito in altre squadre, ed ai quali delegava alcune decisioni; e talvolta gli lasciava credere che il loro parere fosse più importante. 😉
Sapevo chi era stato Nereo Rocco, ovvio, ma tramite il racconto fatto da Garanzini, ho conosciuto l’uomo, che tutti rispettavano. Trapattoni, che è stato suo giocatore rammenta un episodio nel quale non aveva gradito di non essere inserito negli undici in campo, ma non gli è neanche passato per la mente di esternare, in maniera irrispettosa, il suo malumore, a differenza dei giocatori odierni (vedi cosa è successo recentemente con Delio Rossi…) che si sentono intoccabili.
Ai tempi di Rocco, non erano pochi i giocatori di peso ai quali faceva sudare la maglia da titolare, così come per alcuni dei suoi pupilli, Rivera o Benetti ad esempio, sembrava che gliel’avesse cucita addosso.
Fuori dal campo, famiglia a parte, aveva una serie di punti fermi, ad esempio si cita un ristorante come un suo ufficio distaccato, dove godeva della giusta riservatezza, protetto dagli spìoni (i giornalisti) e dove usciva al meglio il suo carattere, gioviale ed esplosivo al tempo stesso (vedi certe partite a carte); sempre con un buon bicchiere di vino in mano, da buon friulano giuliano,era anche quello che reggeva al meglio le bevute in compagnia, durante pranzi e cene, anche con la squadra, in quanto usava la convivialità per saldare i rapporti fra i giocatori.
In una di queste serate si è inserito, con timore reverenziale e garbo, Garanzini che è stato in breve accettato in questa zona privata, sino ad avere un rapporto personale con il paròn, così come accadeva a molti. Perchè dietro alla rudezza del personaggio, reale, non era una maschera, c’era una persona che avrei voluto conoscere.
Non si dimentica di parlare dell’allenatore, spesso giudicato un difensivista, se non fosse che altrettanto spesso la squadra scendeva in campo con tre attaccanti, del tecnico preparato, sicuramente distante anni luce dal Milan Lab, dai tecnici che in panchina prendono appunti continuamente oppure dalle ore a vedere le partite altrui, tuttavia un tecnico che ha portato delle innovazioni in campo.
Un allenatore che, tutto sommato,alla guida del Milan (in due periodi) ha vinto: 2 scudetti + 3 Coppe Italia + 2 Coppe dei Campioni + 1 Coppa Intercontinentale + 2 Coppe delle coppe.
Ah il libro lo leggerò volentieri, il personaggio Rocco mi è sempre piaciuto così come gli innumerevoli aneddoti su episodi che lo hanno visto coinvolto. Purtroppo il mestiere dell’allenatore si è molto modernizzato ed è diventato un qualcosa di specialistico.
Per quanto possa condividere il suo approccio basato essenzialmente sul buon senso sono convinto che nel mondo professionistico non avremo mai più un Nereo Rocco ma piuttosto tanti Conte o Mourinho….pazienza
Prendo atto della precisazione, che peraltro è già stata fatta, e sembra che l’unica cosa che importi su Nereo Rocco è precisare che NON sia friulano.
Trovo divertente che nessuno esprima un commento sul libro, sull’uomo, sull’allenatore, ma si stia sempre a fare precisazioni legate al fatto che non sia friulano, ma giuliano.
Vero è che si è fatta l’Italia, a suo tempo, ma non gli italiani.
Vorrei precisare a Paolo che Nereo Rocco era triestino e non friulano, per cui dire di lui “con un bicchiere di vino in mano, DA BUON FRIULANO” è assolutamente sbagliato! La regione Friuli Venezia Giulia è formata dal Friuli (il cui capoluogo è Udine) e dalla Venezia Giulia (il cui capoluogo è Trieste, ma Trieste è anche capoluogo dell’intera regione): non potreste mica dire di uno nativo di Bologna che è romagnolo, vero?
Nessuna confusione: infatti ho premesso la frase «allenatori di calcio friulani, goriziani e giuliani».
Ovvero: ho specificato la diversa origine geografica.
In quanto a personalità, carattere, valore e interesse verso il sano piacere del vino e della buona tavola: è bene non essere settari e intolleranti.
Uomini e donne provenienti da regioni geografiche contigue, dove inevitabilmente, volenti o nolenti, le diversità territoriali e culturali si confrontano e si scambiano nel rispetto delle differenze, possono facilmente manifestare similitudine di interessi e comportamenti.
Non facciamo confusione: tra triestini e friulani c’è un abisso che li separa sia caratteriale che linguistico. Rocco era triestino, Bearzot e Zoff friulani, Reja è di origine slovena, Capello è bisiaco. Rocco è stato il più garnde ambasciatore di triestinità in italia e forse nel mondo!
Attenderò con interesse di leggere questa biografia: un genere “letterario” che mi piace molto perché permette, quando le biografie sono ben fatte (come sicuramente questa di Garanzini, da quel che si evince da quanto scrive Pao), di entrare nel carattere e nella personalità degli uomini e di rivivere contesti e situazioni storici.
E poi ho sempre ammirato l’uomo Nereo Rocco per ciò che ho potuto leggere e sentire su di lui in servizi giornalistici.
Ero a conoscenza, per esempio, del suo vezzo di ricevere chi volesse incontrarlo al ristorante dove sedeva sempre allo stesso tavolo, eletto come suo personale ufficio, e della sua competenza in materia enologica.
D’atra parte, forse non è un caso: tutti gli allenatori di calcio friulani, goriziani e giuliani sono, o sono stati, personaggi di grande carattere e spessore, non facili da interpretare, ma che poi si scoprono colti, dotati di grande umanità, sensibili e capaci di godere da intenditori dei piaceri eno-gastronomici: Rocco, Bearzot, Zoff, Capello, Reja…