Alcuni giorni fa, come molti altri, ho dato spazio all’iniziativa de Il Fatto Alimentare per raccogliere le firme contro l’ipotesi di chiusura dell’INRAN ed ovviamente ho firmato ed invitato gli amici a fare altrettanto, tuttavia quando ieri ho letto che sono state raggiunte solo 3100 firme mi sono cadute le...braccia.
Nessuna sorpresa, a dire il vero, perchè come giustamente scrive La Pira in un post: la perdita di “cultura alimentare” continua a erodere molte conoscenze legate alla tradizione e al territorio ….
ed infatti la maggior parte delle persone neanche sa cosa sia l’Inran, ragion per cui non si pongono neanche il problema della sua eventuale chiusura.
Tuttavia come scrive Il Fatto Alimentare: si tratta di una chiusura che colpirebbe tutti noi, perchè – la ricerca nell’ambito della nutrizione deve continuare a essere pubblica, e non può rispondere a logiche produttive o a interessi di parte.
Pensare di risparmiare chiudendo l’Istituto, oltre che eticamente inaccettabile, è un’operazione fallimentare, perché porterebbe all’aumento della spesa sanitaria nel medio termine.
Temo che l’unica cosa che attiri l’attenzione siano fatti di un certo impatto emotivo, ed infatti la raccolta di firme promossa nei giorni scorsi, per costringere il Governo a far si che la promessa di devolvere ai terremotati i 91 milioni di rimborsi elettorali diventi realtà, ha superato in un solo giorno l’obiettivo di 40.000 firme, ed infatti ieri sera si era quasi a 50.000…
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Di seguito pubblico (in sintesi) alcune amare considerazioni di Roberto La Pira che leggo oggi su Il Fatto Alimentare che purtroppo non aggiungono nulla di nuovo all’incapacità cronica dei politici, ma anche alla scarsa visione d’insieme dei famosi tecnici…
In queste 3 settimane il ministro delle Politiche Agricole Mario Catania non ha indicato quali sono le reali intenzioni. La sensazione è che dietro le linee di indirizzo che parlano di ristrutturazione e di accorpamenti di enti ci sia il vuoto. Non ci sono progetti, non c’è un piano per rilanciare la ricerca alimentare in Italia, ma solo la voglia di ridurre le spese.
Ilfattoquotidiano in un bellissimo articolo di GianLuca Mazzella dice “in un verbale del Cda dell’Inran, si legge che è stato già dato incarico al direttore generale Salvatore Petroli di favorire azioni e contatti presso l’industria agroalimentare. Mai sentito parlare di conflitto di interessi? In un recente verbale d’incontro fra vertici e sindacati, si legge che l’ente ha ottenuto un finanziamento dall’azienda Giovanni Rana di 450.000 euro per una consulenza. È questo il futuro della prevenzione alimentare, della nostra salute?”. Mazzella sostiene pure che il ministero mette sullo stesso piano la ristrutturazione delll’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico e l’Inran. Purtroppo le cose non migliorano.
Anche oggi (27 giugno) alla fine della riunione tenuta al ministero delle Politiche agricole che si è conclusa in serata, non si è capito se la ricerca alimentare avrà un futuro, oppure se è arrivato il momento di chiudere. Il sottosegretario di turno ha chiesto all’Inran di portare argomentazioni e documenti da sottoporre al ministero delle Finanze per dimostrare la necessità di continuare il lavoro.
Che tristezza. Un governo di professori universitari che dovrebbe indirizzare e privilegiare la ricerca, si presenta senza idee e senza uno straccio di progetto serio.
E’ sintomatico il fatto che alla riunione non abbia partecipato il presidente dell’Inran Colombo (l’entomologo esperto di zanzare a cui è stato affidata la gestione dell’unico ente italiano che si occupa di ricerca alimentare).
Clicca QUI e leggi l’intervista al presidente dell’INRAN
Qualcuno definirebbe la situazione critica, io preferisco dire che siamo di fronte a scelte miopi affidate a persone incompetenti che non conoscono l’oggetto della discussione.
Insomma siamo di fronte alla stessa italietta che ha nominato pochi giorni fa a dirigere l’Istituto di geofisica e vulcanologia un professore di ginnastica.
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