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Un libro: Le figlie perdute della Cina

«Una testimonianza struggente sulla condizione delle donne e delle bambine in Cina. Storie di destini femminili che aggiungono una fosca pennellata alla vita dietro la Grande Muraglia.»
Angela Terzani Staude

“Hai mai sistemato una bambina?” chiede insistente una contadina del villaggio alla giornalista Xinran, durante un’intervista.

La giovane sposa di campagna sa bene che è suo dovere dare alla luce un maschio, ed è convinta che ogni donna, come lei, quando mette al mondo una femmina sappia altrettanto bene cosa fare: deve trovare il modo di “sistemare” la bambina, di sbarazzarsi di lei. Deve, suo malgrado, abbandonarla.

L’abbandono delle bambine appena nate era, ed è tuttora, una pratica tristemente diffusa in Cina, e non solo nelle zone rurali, ma anche nel resto del paese, complici le ristrettezze economiche e una legge sulla pianificazione delle nascite che per anni ha imposto a ogni famiglia un figlio solo.

Alle bambine più fortunate il destino ha riservato l’amorevole accoglienza di una famiglia adottiva in un paese occidentale. Per molte altre nascere femmina ha significato essere brutalmente uccise appena venute al mondo.

Grazie a un lavoro di ricerca e di inchiesta durato anni, Xinran dà finalmente voce al silenzioso dolore delle donne cinesi che hanno abbandonato le proprie neonate sulla strada di una città, fuori da un ospedale o da un orfanotrofio o sulla banchina di una stazione, offrendoci uno spaccato della Cina odierna per molti aspetti inedito, e al tempo stesso narrandoci una storia fatta di drammi e di speranze ritrovate, una storia capace di lasciare il segno.

Alle piccole più fortunate il destino ha riservato l’accoglienza presso una famiglia adottiva occidentale, per molte altre nascere femmina ha significato essere brutalmente uccise appena venute al mondo.

 

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Questa voce è stata pubblicata il 10 luglio 2012 da in L'angolo dei libri - Le nostre segnalazioni con tag , , , , , .