un articolo di Dario Dongo che leggo su Il Fatto Alimentare
Questa sera a cena al Roadhouse Grill, uno dei feudi dell’impero Cremonini, in quel di Testaccio, Roma.
La “location” è consona al locale che si trova a pochi passi dagli antichi macelli dove un tempo si lavoravano le carni dell’intero Lazio.
Il menu è illustrato bene, testi e immagini. Si prova allora il “top di gamma”: un’entrecôte da 500 grammi “made in the USA”, per la bellezza di 24,90 euro, 50mila delle vecchie lire.
E come sarà?
Proprio come nella foto, il vecchio West ha perduto il proprio charme: della fumante bistecca raffigurata in pubblicità rimangono parecchi scarti, un’aspettativa delusa.
Non ha proprio nulla da invidiare alle carni nostrane questa entrecôte a stelle e strisce, e sarà pure scongelata probabilmente.
Il vino, poi. Si ordina una mezza bottiglia di “Le Maestrelle Toscana IGT” (7,90 euro, pari a 15mila antiche lire), l’unica “mezza” disponibile di vino rosso.
Il prezzo e il suggestivo marchio – del quale s’è perduta traccia, in etichetta – avrebbero fatto sperare in qualcosa di meglio del vino della casa. Altra delusione, questo “Rosso imbottigliato in esclusiva per Roadhouse Grill, Toscana 2011, IGP”, imbottigliato oltretutto da un’azienda del Ternano.
La prossima volta, altro che griglierie tex-mex. Forse è meglio girare l’angolo e puntare sul sicuro, con l’impareggiabile carbonara del Perilli.