Ieri mi ha scritto una carissima amica: Ieri notte proprio non prendevo sonno .. E ho scritto un po’ di parole, scrivere mi fa bene, ho trovato il modo per imprigionare i brutti pensieri; una volta scritti trovano il loro posto e non mi perseguitano più.
Le ho proposto di pubblicare il suo sfogo, perchè sono dell’idea che spesso ci si riconosce in vicende altrui, e di colpo si scopre che quella che credevamo una nostra prerogativa, una cosa che capita solo a noi, che nessuno possa capire è, in realtà, una vicenda vissuta anche da altri e spesso la condivisione aiuta chi la scrive, chi la legge, chi la riconosce, chi non si sente in difetto. Serve a chi si riconosce in te e si sentirà perciò meno solo/a… (così come è successo ad una certa Cena Blog che tutti ricordiamo…)
Nello specifico può servire quale stimolo a chi, come lei, ha sofferto per questa carenza d’affetto e stima (immotivata, nel senso che è veramente stupido non volerle bene e in ogni caso non riconoscere il suo valore); comprendendo appieno il suo pensiero, ma ritengo che lei debba VIVERE la SUA vita, se lo merita.
Ricordo, un tempo infinito passato ad aspettarti.
– la finestra chiusa era sotto mia sorveglianza speciale, ero convinta che prima o poi ti saresti affacciato, perché il mio cuore ti chiamava, pronta a regalarti il mio sorriso migliore con la mano alzata a gran saluto, ma, da quel giorno che osai a far uscire la voce dal cuore, la finestra la ritrovai serrata dalla tapparella; ci misi ancora del lungo tempo prima di rinunciarci, non chiesi mai a nessuno spiegazioni, eri tabù!
– tuoi impegni a me sconosciuti ci davano rari momenti per stare insieme, ma, ammiravo il tuo grandafare!
– posso ancora sentire la sensazione di morbido e di starbene quando mi perdevo con le mani e guance nella tua folta barba, tanto che in quel lungo aspettare cercavo barbuti ovunque e questo mi bastava per sentirti vicino per aspettarti ancora
– c’è stato un periodo di voluta convinzione che eri in galera, unica spiegazione fattibile per questo lungo aspettare, diventò ancor più lungo aspettare perciò decisi, con pianti struggenti, che l’unica fattibile spiegazione era che tu fossi morto chissà come chissà dove, ma sei tornato.
E dunque non c era spiegazione di questo lungo aspettare
Bisognava solo aspettare
Un tempo infinito quasi da dimenticare chi fossi io chi fossimo noi
Eppure per me era magia vera ogni volta che il tuo tempo era tutto per me
MA
questa strada a senso unico é diventata strada chiusa
PERCHÉ
non mi hai educata, non mi hai protetta da mia madre, non mi hai fatto studiare, non hai mantenuto nessuna delle promesse che mi hai fatto, non mi hai mai detto verità, non sei un papà
Non sei mio papà
IO MERITO DI ESSERE AMATA
Un racconto di intensità immensa, quasi schiacciante e persino insopportabile per la forza che sprigiona e che preme sul cuore.
Bellissimo, davvero: come, credo, tutto quello che vien direttamente dall’anima di ciascuno di noi, ma che non sempre trova le parole per esprimersi.
Bellissimo, come tutto ciò che ci fa riflettere.
Io credo che aver trovato la forza di scrivere queste parole, ovvero di esternare l’energia che le mulina dentro, sia qualcosa di molto positivo per la nostra amica.
Come un grande abbraccio che l’avvolge per non farla sentire “immeritatamente non amata”.