Piace il servizio di condivisione auto elettriche…

Avevo pubblicato tempo fa la notizia delle nuove vetture elettriche in arrivo a Milano ed alcuni giorni fa ne ho vista una parcheggiata nelle strisce blu, in una traversa di Viale Monza, all’altezza della fermata Gorla MM1.

Al di là del servizio in sè, che non posso giudicare, la vettura è interessante; ho notato tra l’altro che ha 4 freni a disco.

Ho letto che diversamente da altre vetture, questa la si può lasciare ovunque, tuttavia quella fotografata è rimasta ferma nello stesso posto per una settimana e va da sè che non è stata più utilizzata; mi chiedo però come possa essere sicuro quello che la prenderà successivamente di trovarla con la batteria carica.

E se fosse stata parcheggiata quasi scarica? Per cui ho chiesto lumi direttamente alla società, tramite Facebook, e questa è stata la risposta:

Leggo in questo articolo sul Corriere che Il car sharing elettrico piace alle donne e (anche) agli over 50 ed in effetti quando ne abbiamo vista una in ricarica in Piazza Cinque Giornate, la Signora K faceva notare che se abitassimo a Milano avremmo potuto fare a meno della seconda auto.

leggo poi nell’articolo che:

i dati degli iscritti al nuovo Share’ngo – l’unico servizio elettrico che non va riconsegnato in un punto di ricarica ma si può posteggiare ovunque – sembrano rivoluzionare la teoria circa  il profilo del cliente tipico di un qualsiasi servizio car sharing: maschio (7 casi su 10) e tra i 25 e i 50 anni (2 casi su 3).

Un iscritto su 3, 1.500 su 4.500, ha infatti un’età superiore ai 50 anni. E quasi la metà, il 40 per cento, sono donne, mentre in media non si supera il 25% (il 20% per gli over 50).

Merito dell’attività di fidelizzazione di Share’ngo (corse gratis notturne e promozioni) che propone 120 vetture ecologiche che diventeranno 300 a settembre – a prezzi modulabili in base all’iscritto (età, sesso, reddito, vicinanza del domicilio ai mezzi pubblici, iscrizione a circoli o gruppi d’acquisto, ecc.): da 28 fino a 14 cent al minuto. E per questo le chiamano «equomobili».