Il fratello di un amico, dopo alcuni anni in Sudamerica per lavoro, sta rientrando in Italia e, diversamente dai precedenti rientri a casa, ha deciso di portarsi dietro l’auto che utilizzava ovvero una Ford Expedition (8 posti – 4 ruote motrici – 5.400 cc. V8 309 CV).
In precedenza, come detto, aveva sempre venduto in loco l’auto che utilizzava, ad esempio la Range Rover a Cuba, la Land Rover Discovery a Nairobi e le Lancia Phedra e Peugeot 206 a Basilea, ma questa volta chissà perchè ha fatto questa scelta che probabilmente non sarà nè pratica nè economica.
Me lo immagino a circolare per la Capitale con un bestione del genere, senza dimenticare poi i consumi e, non ultimi, i costi di assicurazione e bollo; giustamente sono fatti suoi, però non sembra essere una scelta ben ponderata.
In questi giorni, su richiesta del fratello, mi sono informato tramite Maurizio Caprino circa le pratiche burocratiche da sostenere per l’importazione e ci ha spiegato che:
Il principio è semplice. Difficile è l’attuazione. In sintesi, per i connazionali rimpatrianti c’è una deroga al principio ordinario secondo cui ogni veicolo proveniente da Stato extra-Ue può essere nazionalizzato esclusivamente se conforme alle direttive europee attuali: basta che fosse conforme alle direttive europee di quando è stato immatricolato per la prima volta all’estero (a patto che il connazionale fosse proprietario del mezzo già da almeno sei mesi – vado a memoria -, per evitare “speculazioni”).
Il problema è che alla Motorizzazione chiedono documentazione tecnica che attesti tale equivalenza, che di solito le case automobilistiche non regalano.
Dopo un approfondimento della vicenda è stato appurato che le auto di dipendenti del Ministero Affari Esteri non sono soggette a omologazione UE né a certificato di origine, né a documentazione tecnica. Diciamo che i privilegi di cui godono lo salverebbero da pratiche e costi. Gli toccherà solo l’immatricolazione e i costi di gestione, sicuramente alti, della macchina.
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Una piccola nota aggiuntiva dell’amico che ha ispirato il post.
Il post va benissimo. Informa dell’esistenza di una situazione, della mole di pratiche da fare normalmente e della “chicca” (come l’ha definita giustamente Caprino) del privilegio riservato ad alcune categorie. Soprattutto per quel che riguarda l’omologazione.
Un dipendente statale all’estero per servizio di Stato potrebbe portarsi in Italia un mezzo dalle caratteristiche di sicurezza non omologabili in Europa e, saltando tutte le procedure, usarlo liberamente senza nessun ostacolo…
E quanti sono i privilegiati? Tantissimi: tutti i diplomatici, ma anche semplici impiegati di ambasciate e consolati, di uffici statali vari (Camera di Commercio, ONU, FAO…), militari e soldati in spedizioni di pace… Se ognuno si portasse un mezzo ‘strano” d far circolare in Italia…
Vero che si tratta di mio fratello, e vero che è sicuramente uno che fa molto bene il suo lavoro e, nel suo piccolo, rende servizio utile allo Stato e ai cittadini che gravitano attorno ai paesi dove lui presta servizio; resta il fatto, però, che anche lui gode di privilegi che sono decisamente esagerati e anacronistici…