Nei giorni scorsi Maurizio Caprino ha spiegato meglio la dinamica dell’incidente di Kubica, finito contro un guard rail che ha quasi segato in due la vettura. Come giustamente sottolinea Caprino nel suo articolo Se fosse successo al signor Rossi, magari la cosa sarebbe finita lì, ma in questo caso immagino che a Kubica e ai tanti che hanno investito su di lui non manchino gli avvocati per trafiggere il gestore della strada.
Il problema dei guard rail mal posizionati, senza manutenzione o, semplicemente, mal progettati, è molto grave e può causare danni a tutti noi, ma per i motociclisti impattare con certi guard rail significa andare incontro ad amputazioni se non alla morte.
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La distanza degli alberi dalla strada è solo uno degli ambiti di intervento per la sicurezza stradale che risultano ancora deficitari nel nostro paese. A partire dalla questione dei guard rail “killer”, come le associazioni di motociclisti hanno ribattezzato i comuni guard rail che sono, praticamente, installati su tutte le strade italiane.
Giordano Biserni. presidente dell’Asaps, Associazione che si occupa di sicurezza stradale, spiega: “Per come sono fatti oggi i guard rail sono molto pericolosi per i motociclisti. Nell’impatto ad alta velocità possono causare anche amputazioni drammatiche quando non conseguenze letali”. Di sicuro, secondo l’Associazione motociclisti incolumi (Ami), dei circa 1.500 motociclisti vittime di incidenti stradali ogni anno, un numero rilevante si schianta contro alberi o altri ostacoli posti ai bordi della strada.
Omologazione europea
Per questo, da diversi anni, molte associazioni italiane di motociclisti, tra cui l’Ami e il Coordinamento motociclisti, si battono per far approvare dei provvedimenti normativi in grado di garantire la stessa sicurezza ad automobilisti e centauri.
Il momento della svolta, almeno sulla carta, potrebbe avvenire a breve, secondo quanto ci racconta Riccardo Matesic di Moton-line.com, che ha seguito la vicenda: “Dovrebbe essere approvato a giugno il protocollo europeo d’omologazione aggiuntivo dei guard rail, specifico per le esigenze dei motociclisti, che va a modificare l’attuale norma europea sulle barriere di sicurezza stradali, la En 1317”.
Con l’introduzione della modifica, i nuovi guard rail devono superare due crash test aggiuntivi pensati per gli impatti delle due ruote. “Di conseguenza – spiega Matesic – anche i guard rail già presenti nelle strade dovranno essere sostituiti con altri che presentano anche dei pannelli protettivi in basso”, così come avviene già in altri paesi come Francia e Germania.
Purtroppo, però, anche in questo caso tra il dire e il fare passeranno anni. “Vent’anni almeno, prima che i guard rail pericolosi per i motociclisti vengano tutti sostituiti”, sostiene Biserni. “Senza contare – continua – che prima che il nuovo regolamento cominci a essere effettivamente attuato, ci vorranno o uno o due anni”. Eppure queste e altre azioni di prevenzione andrebbero fatte in fretta, se è vero, come sostiene l’Asaps, che mentre negli ultimi anni gli incidenti con automobilisti sono diminuiti, il numero di quelli nei quail sono coinvolti motociclisti, e anche ciclisti, è rimasto costante.
La sostituzione dei vecchi guard rail fa parte di una serie di manutenzioni che in Italia si trascinano da anni, come spiega Gabriella Gherardi, presidente dell’Associazione italiana segnaletica e sicurezza (Aises): “Allo stato delle cose, nelle strade non investe più nessuno.
L’Anas non avendo fondi, fa il minimo indispensabile, e i Comuni sono stritolati dal patto di stabilità. Eppure, le strade maltenute influiscono per il 40% in tutti gli incidenti stradali. Andrebbe realizzata una messa a norma programmata”.
Gherardi elenca solo alcuni dei problemi da risolvere: “Ad esempio la segnaletica verticale è ancora quella degli anni ‘80, e ciò crea in alcuni casi situazioni di pericolo, perché i cartelli sono stinti o coperti da scritte. La segnaletica orizzontale andrebbe ripassata con un intervallo dai sei mesi all’anno.
Stesso ragionamento per le barriere particolarmente incidentate. Secondo le nostre stime servirebbero almeno 10mila euro a chilometro”. Calcolando che le strade italiane si snodano per oltre 600mila chilometri, si tratta di un investimento di 6 miliardi di euro.
Probabilmente meno, considerando che questo sarebbe il costo finale se si dovesse rifare tutto da zero. Viene facile chiedersi perché non esiste un sistema di sanzioni per gli enti che non assolvono al loro dovere di manutenere e gestire la sicurezza stradale adeguatamente e nei tempi prescritti.
“Le strade sono di proprietà demaniale – risponde la presidente dell’Aises – non si può pensare che lo Stato infligga sanzioni a se stesso. Ma ci dovrebbero essere, soprattutto per i privati come Anas, che è una spa”.
I fondi in teoria ci sarebbero. La legge 120 del 29 luglio 2010 prevede che i soldi delle contravvenzioni vengano fatti confluire sulle attività di manutenzione delle strade.
Gabriella Gherardi però commenta amara: “Potrebbe portare almeno 50 milioni di euro l’anno per il miglioramento delle strade. Ma l’applicazione della 120 è bloccata perché mancano ancora quattro decreti ministeriali collegati”.