In sintesi un articolo di Roberto La Pira che leggo su Il Fatto Alimentare
Il ministero della Salute il 17 maggio ha vietato la commercializzazione delle anguille provenienti dal lago di Garda, perché sono risultate contaminate da diossina. Nel provvedimento si dice che il divieto durerà un anno e si invitano le Regioni e le Province interessate ad informare i consumatori sui rischi per la salute.
La decisione è stata assunta in seguito ad analisi condotte su 102 campioni di vari pesci prelevati in 10 località. I laboratori hanno individuato la presenza di una quantità di diossine, furani e PCB superiore ai livelli di legge solo nelle anguille di lago. Questa specie è stata penalizzata perché le diossine si accumulano nel grasso degli animali e le anguille hanno un elevato contenuto di lipidi.
Per tranquillizzare la popolazione, il ministero assicura che le acque del lago di Garda sono assolutamente sicure per la balneazione, e non si rileva alcun problema sulla qualità dell’acqua potabile.
Secondo alcuni esperti addetti ai lavori il provvedimento del ministero giunge tardi e dovrebbe essere più preciso. La presenza di diossina nei laghi non è una novità. Le autorità sanitarie Svizzere del Canton Ticino, che inglobano nel loro territorio la parte alta del lago Maggiore, già nel gennaio 2008 ponevano l’accento sul problema della diossina nei pesci (vedi allegato).
Nel gennaio 2009 le stesse autorità svizzere hanno deciso il divieto di commercializzazione di anguille e agoni (un pesce grasso chiamato anche alosa, o sardina di lago) proprio per l’eccesso di diossina.
In Italia non è stato preso alcun provvedimento perchè non si fanno le analisi e quindi il problema risulta inesistente. Nell’autunno del 2010 però i laboratori si sono attivati e si è scoperto che il problema della diossina è comune a molti laghi compreso il lago di Garda. Sulla base di queste indicazioni il ministero ha deciso di vietare la vendita di anguille come era lecito aspettarsi.
Il provvedimento è corretto ma rischia di creare un certo allarmismo, perché la parola diossina fa sempre paura, e la reazione dei cittadini sarà probabilmente quella di non mangiare più pesce di lago per un anno. Sarebbe necessario affiancare alla decisione qualche spiegazione, e fare un’adeguata analisi del rischio sulla base dell’esposizione effettiva dei cittadini.
Per esempio le autorità svizzere quando hanno vietato la vendita al dettaglio di alcuni pesci a causa della diossina nel lago Maggiore hanno fatto delle distinzioni; il rischio diossina esiste, ma non deve essere considerato un allarme, ma va inquadrato in un ambito dove è anche ammesso il consumo limitato.
In Finlandia dove si riscontrano problemi simili per le aringhe, le autorità sanitarie consigliano ai giovani e alle donne incinte di mangiare solo pesci di lunghezza inferiore ai 17 cm con una frequenza di 1-2 volte al mese, perché hanno un contenuto di diossine compatibile.
Anche negli Stati Uniti in alcuni laghi ai pescatori sportivi viene distribuito un depliant dove si consiglia di cucinare i pesci grassi sulla griglia per limitare l’ingestione di diossina, e di i togliere le parti grasse dove si trova la sostanza.
Forse anche in Italia sarebbe utile affiancare al provvedimento di divieto deciso dal ministero, alcune precisazioni per evitare allarmismi e il rischio di abbandono da parte dei cittadini del consumo di tutti i pesci del lago come accade quando compare la parola diossina.
Documento redatto dalle autorità sanitarie svizzere per spiegare cos’ è la diossina, qual è il pericolo e come ridurre l’ingestione (vedi allegato)
La popolazione può inoltre contribuire attivamente alla riduzione delle emissioni di diossina nell’ambiente smaltendo i rifiuti secondo le prescrizioni ed astenendosi dal bruciare illegalmente i rifiuti in casa (camini e stufe) o all’aperto.
Le emissioni di PCB possono essere ridotte anche nei cantieri o in fase di smaltimento grazie ad una corretta manipolazione dei materiali contenenti PCB (p. es. masse di sigillatura dei giunti, vernici, rivestimenti anticorrosivi, apparecchi e impianti elettrici, residui di processi di triturazione).
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