Paoblog.net

Il tempo che ti piace buttare, non è buttato. (J. Lennon)

Sale e malattie cardiovascolari: l’attuale regime iposodico non salva la vita. Va ridotto ancora di più

Per diminuire il rischio di malattie cardiovascolari il sale assunto con la dieta va diminuito probabilmente in maniera molto più drastica di quanto non sia stato consigliato finora, perché modeste riduzioni hanno un effetto quasi nullo sul sistema cardiocircolatorio e sulla mortalità.

Da anni le autorità sanitarie di molti paesi hanno intrapreso campagne di educazione sanitaria per l’abbassamento della quantità di sale (cloruro di sodio) assunto ogni giorno, che non dovrebbe superare, in media, i 5 grammi.

La stessa Organizzazione Mondiale per la sanità (OMS) ha inserito la riduzione del sale nella top ten dei provvedimenti da assumere per ridurre le malattie croniche, mentre il National Institute for Clinical Exellence (Nice) britannico ha fissato due obiettivi: arrivare a 6 grammi al giorno entro il 2015 e a 3 entro il 2025. Infine, le Linee guida americane hanno indicato in 2,3 i grammi massimi consentiti in un giorno, valore che scende a 1,5 per le persone più a rischio.

Ora però una revisione della letteratura effettuata dagli esperti aderenti al circuito Cochrane (che vagliano i dati pubblicati tenendo conto solo di quelli ottenuti da studi di buona qualità e traendone conclusioni scientificamente inattaccabili) rimette tutto in discussione: almeno stando a sette tra le più importanti ricerche condotte negli ultimi anni, che hanno coinvolto quasi 7mila persone, la diminuzione del cloruro di sodio che mediamente viene consigliata (per giungere appunto attorno ai 5 grammi) non ha alcun effetto sulla mortalità generale né su quella data da malattie cardiovascolari.

Molto contenuti sono anche gli effetti di questa riduzione sulla pressione stessa: si vede solo un piccolo abbassamento dei valori dopo oltre sei mesi dall’inizio del regime iposodico……….

viaSale e malattie cardiovascolari: l’attuale regime iposodico non salva la vita. Perciò va ridotto ancora di più, secondo la Cochrane, soprattutto nei prodotti confezionati | Il Fatto Alimentare.