Giorno dopo giorno, le notizie sulla vendita della carne al cesio proveniente da un’ampia zona circostante quella della centrale di Fukushima, in Giappone, si fanno sempre più preoccupanti.
I bovini contaminati distribuiti a ristoranti, negozi e perfino scuole di 45 delle 47 prefetture esistenti sarebbero infatti non meno di 1.500, contro le poche decine inizialmente scoperte.
La settimana scorsa il governo ha allargato il divieto di vendita di carne a una zona molto più ampia rispetto a quella totalmente off limits e pari a circa 8.500 chilometri quadrati, ma l’allarme è tutt’altro che rientrato e la situazione appare ancora fuori controllo.
Secondo le ricostruzione di alcuni media giapponesi e internazionali, il disastro è stato causato da una sventurata combinazione di superficialità, ignoranza e malinteso senso di protezione nei confronti delle piccole comunità della zona.
Nelle settimane successive all’incidente, infatti, il governo aveva invitato allevatori e agricoltori a tenere il bestiame al coperto e a non utilizzare foraggi che fossero rimasti all’aperto e che avrebbero quindi potuto essere stati contaminati dalla pioggia radioattiva.
Risultato: i foraggi sono stati utilizzati a prescindere dalle condizioni di conservazione, e le misurazioni fatte in questi giorni hanno rivelato in essi contenuti di cesio da 50 a 500 volte superiori ai limiti di sicurezza, suggerendo anche che probabilmente il fall out è stato molto più ampio di quanto affermato dalle fonti ufficiali.
I consigli agli allevatori, non coercitivi – secondo al versione ufficiale – per tutelare le attività economiche della zona, sono dunque rimasti tali, e non hanno raggiunto neppure tutti gli interessati, se è vero che….