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La dieta Weight Watchers funziona

in sintesi un articolo di Agnese Codignola che leggo su Il Fatto Alimentare

Se ne parla di meno, soprattutto in Italia, dove in maniera abbastanza inattesa la Weight Watchers ha chiuso tutte e 150 le filiali nel 2006 (nel 2008 un gruppo di ex-dipendenti ha lanciato Welcome Weight, un’organizzazione simile per filosofia e metodi, che ha già una cinquantina di sedi sparse per l’Italia.)

Dopo 45 anni di onorata carriera la dieta Weight Watchers si prende una bella soddisfazione e ottiene la consacrazione della scienza grazie a uno studio i cui risultati sono stati pubblicati nientemeno che su Lancet.

Il sistema, basato su un assortimento bilanciato e variato dei cibi, su gruppi di autoaiuto e motivazionali e sull’attività fisica, fa infatti perdere più del doppio di peso rispetto a un normale regime dietetico.

Per capire quale fosse l’efficacia della Weight Watchers,  la stessa organizzazione ha chiesto a Susan Jebb e ai suoi colleghi del Britain’s Medical Research Council (ente di ricerca indipendente) di condurre uno studio randomizzato e controllato per un anno, assegnando i partecipanti alla sua dieta oppure ai normali metodi consigliati dai medici di famiglia e dai nutrizionisti per ridurre il peso. In totale oltre 770 tra obesi e persone in sovrappeso hanno seguito i regimi assegnati.

Dopo un anno il risultato è stato più che chiaro: la perdita media di peso per gli aderenti alla Weight Watchers era stata di 5,1 kg contro i 2,2 degli altri. Oltre a ciò, tra gli appartenenti al grupppo della Weight Watchers una percentuale doppia di persone aveva perso più del 5% per cento di peso (61% rispetto al 32% dei controlli).

Negli anni la Weight Watchers è stata spesso giudicata da ricercatori e nutrizionisti una dieta da consigliare, perché in diversi modi (scelta di una dieta bilanciata ed equilibrata, promozione dell’attività fisica, costruzione di una rapporto sereno con il proprio corpo e con l’alimentazione) contribuisce a educare la persona e consente di ottenere così risultati più duraturi.

Ma i risultati di Lancet rappresentano, forse, qualcosa di più di una promozione. Nel commento ai dati pubblicato sulla stessa rivista, Kate Jolly e Paul Aveyard della Britain’s Birmingham University si chiedono se non sia giunto il momento di inserire la Weight Watchers nei programmi finanziati dal Servizio Sanitario nazionale inglese.

lettura integrale dell’articolo QUI