in sintesi un articolo di Dario Dongo che leggo su Il Fatto Alimentare
Pochi giorni fa Coldiretti ed Eurispes hanno presentato a Roma “Agromafie – 1° rapporto sui crimini agroalimentari in Italia”.
Dal titolo avremmo sperato in una bella novità di giornalismo investigativo, nello stile di Roberto Saviano o Paolo Berizzi .
Il dossier purtroppo focalizza l’attenzione su aspetti propagandistici a danno di imprenditori le cui oneste attività sono affiancate a quelle della malavita organizzata.
Per dirlo in estrema sintesi Coldiretti mistifica le notizie, Eurispes le avalla e i giornalisti le riproducono in modo acritico alimentando così il cumulo di bufale che circolano nel settore alimentare.
Il dossier “Agromafie” scivola così su grossolani errori:
1) Che cosa c’entrano gli “spaghetti prodotti in Portogallo” coi “crimini agroalimentari in Italia” che danno il titolo al rapporto? Fuori tema direbbe la maestra!
2) Se un imprenditore produce e vende in USA “linguine Ronzoni, risotto tuscan e polenta” non realizza alcuna contraffazione né un crimine. Bocciati tutti in diritto commerciale e penale internazionale.
Ed ecco la notizia super-bufala :“Ogni anno vengono sottratti al vero Made in Italy 51 miliardi di euro”, si trova a pagina 5 del rapporto.
Il calcolo è così fatto: “nel nostro Paese sono importate nel 2009 circa 27 miliardi di euro di materie prime, che vengono vendute direttamente in Italia, con un marchio “Made in Italy” oppure “trasformate tramite almeno un processo dall’industria alimentare, e che, secondo la normativa attuale, possono fregiarsi del marchio Made in Italy”.
A questo punto secondo Coldiretti bisogna sommare l’ammontare delle materie prime importate al valore aggiunto realizzato in Italia e si arriva a circa 51 miliardi di valore.
La conclusione è sbalorditiva, perchè secondo questo ragionamento gli alimenti trasformati a partire da materie prime importate sottrarrebbero al vero Made in Italy 51 miliardi di euro!
Per rendersi conto dell’assurdo basta leggere il comunicato redatto dall’Associazione industriali mugnai d’Italia. Il testo ricorda che la produzione nazionale di grano copre meno del 55% del fabbisogno. Per cui o si importa grano di qualità (che i soci di Coldiretti non sono in grado di fornire ) oppure non si produce pasta di qualità.
Ma ciò che più disturba è la messinscena che accosta il crimine con le pratiche commerciali e industriali di imprenditori del settore.
Purtroppo i giornali continuano a a copiare i comunicati stampa di Coldiretti dimenticando la prima regola del mestiere quella di verificare la fondatezza notizie.
Ma dove sono i veri inganni, a tavola o sui giornali?
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