un articolo di Roberto La Pira che leggo su Il Fatto Alimentare
Il governo di Mario Monti ha prospettato una nuova tassa sul cibo- spazzatura (junk food) per fare cassa e coprire una parte delle spese sanitarie. Lo scopo è condivisibile: fare pagare di più un gruppo di alimenti ritenuti responsabili della cattiva alimentazione degli italiani per garantire un migliore servizio sanitario.
Provvedimenti simili non sono una novità in Europa, sono stati infatti adottati pochi giorni fa dalla Francia e prima ancora dalla Danimarca. Negli Stati Uniti è in corso da tempo una vasta campagna contro il consumo di bevande zuccherate considerate una delle principali cause dell’obesità.
Fare pagare 5-10 centesimi in più una lattina di Coca-Cola non è però un metodo in grado di disincentivare l’acquisto o il consumo di bibite considerate il prodotto simbolo del junk-food.
Anche l’eventuale decisione di aggiungere una tassa di 10 centesimi allo scontrino di un Happy meal (il pasto tipico di McDonald’s) oppure di 5 centesimi la confezione di patatine fritte o la merendina supercalorica venduta al supermercato non servirà a ridurre in modo significativo i consumi di questi prodotti. L’aggravio di costi verrà considerato un ennesimo balzello per prelevare soldi dalle tasche dei consumatori.
La tassa sul cibo-spazzatura non deve essere considerata come un attributo negativo nei confronti di questi prodotti, che sono impeccabili dal punto di vista igienico-sanitario e vengono considerati da molti consumatori ottimi dal punto di vista organolettico.
Il problema del junk-food è che si tratta di cibo molto attraente da consumare in occasioni particolari come le feste di compleanno dei ragazzi. Anche la visita da McDonald’s dovrebbe rappresentare un evento sporadico, e le irresistibili patatine fritte dovrebbero apparire ogni tanto nei pranzi preparati in casa e saltuariamente al ristorante. Purtroppo non è così.
La Coca-Cola realizza spot pubblicitari che invitano le mamme a portare a tavola la bibita tutti i giorni e non è casuale la scelta di McDonald’s di offrire ai clienti che spendono un euro in più porzioni che contengono il doppio delle calorie.
Anche la decisione di Ferrero e di molti altri produttori di merendine di invadere gli schermi tv e i siti internet con spot e messaggi pubblicitari su altri prodotti classificati come junk-food non è casuale.
Una cosa è certa, il provvedimento che il governo di Mario Monti vuole approvare nei prossimi giorni, non servirà a ridurre il consumo di junk-food.
Per diminuire il consumo bisogna adottare una seria politica di educazione alimentare come si sta facendo in alcuni stati USA (vedi gli articoli su questo argomento pubblicati nel sito firmati da Agnese Codignola e Valentina Murelli).
Si può anche intervenire sui media come spiega bene Mariateresa Truncellito in una nota sulla tv e il cibo.
Se però Mario Monti deve fare assolutamente cassa in poco tempo, potrebbe tassare la pubblicità del cibo spazzatura; il risultato finanziario sarebbe ugualmente garantito e i consumi, forse, potrebbero diminuire.
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