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Proporre alimenti insipidi ai neonati riduce la voglia di salato da grandi

Quando mangio ho l’abitudine di non salare le pietanze che arrivano in tavola, a meno che siano totalmente insipide cosa questa che capiterà forse due volte in un anno; ritengo che sia il primo passo per non abituarsi al sale sino ad aggiungerne sempre di più.

Mio padre ad esempio spesso sala il cibo prima ancora di assaggiarlo. Ora che ha una certa età e la pressione alta, si trova con un problema in più, dato appunto dalla sua abitudine a salare a prescindere.

Questo interessante articolo di Agnese Codignola che leggo su Il Fatto Alimentare aggiunge un tassello in più e getta le basi per una sana educazione alimentare che, come sempre capita, deve cominciare da subito.

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Cambiare abitudini è difficile. Ma se l’abitudine si confonde con il gusto e questo imprinting risale ai primi anni di vita, la sfida diventa quasi impossibile. Quest’intuizione si è rivelata alquanto realistica se applicata al sale.

Uno studio pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition dimostra quanto sia importante ritardare il più possibile l’introduzione dei cibi salati, ed educare i bambini molto piccoli a mangiare alimenti con poco sale, per evitare che il desiderio di aggiungere sale diventi una consuetudine difficile da modificare.

I nutrizionisti e gli psicologi della Monell University hanno selezionato una sessantina di neonati e li hanno messi a contatto per due minuti con un biberon contenente acqua,  una soluzione salina all’1% (cioè con una concentrazione di sale analoga a quella di una minestra per adulti), oppure al 2% (decisamente troppo salata anche per un palato adulto), e li hanno lasciati liberi di poppare o meno.

Dopo aver ripetuto il test varie volte, hanno concluso che i bambini di quell’età, ai quali non è ancora stato dato sale in alcuna forma, non mostrano alcuna preferenza per le soluzioni salate e rifiutano gli eccessi di sale (la soluzione al 2%).

I ricercatori hanno ripetuto la prova quando i piccoli avevano sei mesi rilevando diversi cambiamenti.

I 26 bambini che avevano già introdotto nel menù pappe salate, pane, crackers, cereali e altri alimenti sapidi, hanno mostrato una netta preferenza per le soluzioni con l’1%  e con il 2% di sale rispetto all’acqua. Per gli altri la situazione è risultata immutata e il rifiuto verso le soluzioni supersalate è rimasta evidente.

Per verificare l’influenza dell’introduzione precoce del sale nel menù, lo stesso gruppo di bambini è stato controllato anche durante il periodo della scuola materna. Le madri e le maestre di tutti i piccoli (in particolar modo  una dozzina)  hanno evidenziaro   una speciale passione dei bambini per gli alimenti salati, per il sale posizionato sulla superficie di alcuni cibi  (crackers) e anche per il sale da solo.

I controlli continueranno anche nei prossimi anni – hanno riferito gli autori – per  capire fino a che punto l’influenza del sale somministrato ai lattanti influenza le scelte successive, ma il messaggio  dello studio è chiaro: meglio rimandare la somministrazione di sale e moderare  le quantità.

L’importanza della ricerca va al di là dei dati. Negli ultimi mesi il dibattito su questo argomento si è fatto sempre più rovente, con studi che  negano l’utilità della riduzione e dei valori giornalieri consigliati (dai 3 ai 6 grammi a seconda dei Paesi).  Altri studi  hanno esaltato i possibili benefici sostenendo  l’impossibilità di stabilire dosi valide per tutti. Come sempre accade in queste situazioni il messaggio che arriva ai consumatori risulta confuso.

Dietro questo dibattito, soprattutto negli Stati Uniti, ci sono (anche) i colossi del settore alimentare che negli anni hanno aumentato, insieme alle dimensioni delle porzioni, ai grassi e agli zuccheri, anche la quantità di sale nei cibi preconfezionati per  conferire palatabilità ad alimenti.

L’esito è un danneggiamento diretto o  indiretto della salute dei consumatori di tutte le età (un alimento più salato spinge a bere di più e negli USA ciò significa sovente un incremento  del consumo di bevande gassate e zuccherate).

Il sodio conenuto nel sale  è indispensabile alla vita – e ciò spiega anche l’atavica passione dell’uomo per il gusto salato – ma quando è troppo  puo’ arrecare danni molto gravi al sistema cardiocircolatorio. Per questo i risultati ottenuti sui neonati sono importanti, e indicano un percorso utile da seguire per ridurne il consumo.

Se  fossimo abituati a mangiare meno saporito non ci sarebbe bisogno di normative restrittive, e di guerre a colpi di dati non sempre attendibili. Le mamme stufe di somministrare pappine insipide alle proprie creature sono avvisate.