in sintesi un articolo di Agnese Codignola che leggo su Il Fatto Alimentare
La plastica ecosostenibile del futuro potrebbe arrivare da gusci d’uovo e potrebbe essere utile, nelle sue diverse versioni, per tutto: dalle buste agli imballaggi per alimenti, dai presidi medici ai materiali da costruzione.
I ricercatori del consorzio Food and Drink iNet, nato dalle Università di Nottingham, Leicester, Lincoln e da altri gruppi pubblici e privati del Southglade Food Park, in Gran Bretagna, stanno infatti studiando nuovi metodi di lavorazione di uno degli scarti domestici industriali e alimentari più significativo, quello appunto dei gusci di uovo (vedi link).
Lo smaltimento dei gusci è un problema non indifferente per le aziende alimentari che impiegano uova, che devono raccoglierli, trasportarli in discarica e pagarne la distruzione.
Una delle aziende che sta collaborando con il consorzio britannico, la Just Egg, specializzata in uova sode, in un anno, solo Just Egg smaltisce 480 tonnellate di gusci, spendendo una media di 30mila sterline. Denaro che, come ha fatto notare il direttore operativo, potrebbe essere invece impiegato per pagare un operaio in più o per finanziare nuovi progetti di ricerca.
Ci sono poi gli scarti domestici, che oggi nella migliore delle ipotesi finiscono nell’umido, ma che potrebbero essere raccolti separatamente, in maniera simile a quanto accade per altri materiali, e poi conferiti alle aziende che li riciclano.
Il progetto è stato in parte finanziato con i fondi dello European Regional Development Fund e in parte dal Consorzio, e vede la partecipazione di diverse aziende del settore, molto interessate a trovare il modo di risparmiare e, perché no, di dare una mano all’ambiente.
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