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In Italia troppe uova fuori legge

in sintesi un articolo che leggo su Il Salvagente

Se qualcuno vi dicesse che la frittata che avete mangiato ieri, o nei giorni scorsi, è illegale, ci credereste?

Ebbene sì, c’è un’alta probabilità che le uova che avete utilizzato siano fuorilegge. È quello, per lo meno, che sostiene il settimanale dei consumatori il Salvagente nell’inchiesta in edicola oggi ed acquistabile nel nostro negozio on line.

Partendo da un’equazione semplice: visto che nel nostro paese ci sono circa 18 milioni di galline allevate in gabbie che non rispettano la legge (su un totale di 48 milioni di animali), le loro uova o sono sparite nel nulla o finiscono nei nostri piatti “mascherate”.

Dal 1° gennaio 2012, per effetto di una direttiva comunitaria (la 74/99) sono vietati su tutto il territorio comunitario gli allevamenti di galline ovaiole con gabbie “non modificate”.

In Italia, invece, accanto ad aziende che a loro spese si sono adeguate alla nuova normativa, ce ne sono molte altre che continuano a mantenere i sistemi vietati con la compiacenza delle istituzioni che poco hanno fatto per dare seguito ai dettami dell’Europa, anche dopo una procedura di infrazione del 2003.

Il risultato è che regna una gran confusione e il consumatore non è in grado di distinguere tra le uova che circolano con un codice vero e quelle che, invece, potrebbero avere un codice “taroccato”.

La situazione che si è venuta a creare è paradossale: dal 1° gennaio 2012, infatti, il codice 3 contraddistingue le uova di galline allevate in gabbie arricchite. Per le altre non esiste un codice identificativo, né alcun tipo di imballaggio perché non possono essere commercializzate.

Che fine fanno queste uova? Vengono distrutte? Difficile pensare che sia così. Che vengano immesse sul mercato con il codice 3 e che, dunque, finiscano per alimentare una frode in commercio è più che un sospetto.

Ma è possibile che nessuno controlli e sanzioni?

Avicoltori che allevano in sprezzo delle norme e centri di imballaggio che operano senza chiedersi da quali allevamenti provengano le uova che imballano ed etichettano?

Per la verità le responsabilità non si fermano qui, perché anche la grande distribuzione organizzata dovrebbe almeno chiedersi la provenienza delle uova che espone sui suoi scaffali. Ma la filiera – in questo caso – non vede, non sente e non parla.

Il ministro delle Politiche agricole e forestali, Mario Catania, aveva fatto sapere che “sta provvedendo ad adeguare il regime sanzionatorio nei confronti delle aziende che al 1° gennaio 2012 non saranno in regola con le nuove disposizioni’ . In realtà non c’è bisogno di “adeguare il regime sanzionatorio”, basterebbe applicare le regole che ci sono.

La cosa più sconcertante  è proprio l’inerzia delle istituzioni. Se il ministero della Salute, seppur tardivamente, ha disposto un censimento degli allevamenti in regola, dalle Politiche agricole le prese di posizione sono ancora troppo deboli ma, soprattutto, ferme a un decreto ministeriale del 2011 adottato, tra l’altro, contro la volontà del ministero della Salute. E comunque destinato a non risolvere la questione.

È possibile che dopo 13 anni stiamo ancora cercando di trasformare un adempimento obbligatorio in un’adesione volontaria?

È fuori dubbio che il passaggio da un sistema all’altro, da gabbie convenzionali a gabbie “modificate”, richieda investimenti onerosi per le aziende zootecniche, ma è altrettanto vero che 13 anni sono un tempo sufficientemente lungo per un passaggio morbido verso il nuovo sistema di allevamento.

Basti pensare che la Germania si è messa in regola nel 2009 e lo ha fatto in soli 9 mesi e la Svizzera dal 1980 ha bandito le gabbie di batteria.

In Italia, invece, le istituzioni sono in balia di una lobby – questa volta degli avicoltori – e a pagare le conseguenze sono, ancora una volta, i consumatori. E gli allevatori che hanno investito per tempo per adeguarsi alle legge e devono competere con i colleghi che se ne sono infischiati.

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Questa voce è stata pubblicata il 19 aprile 2012 da in Alimentazione, Cucina & Ristoranti, Consumatori & Utenti, Leggo & Pubblico con tag , , , , , .