in sintesi un articolo che leggo su Altroconsumo
Fisico o verbale, provocatorio o scanzonato, occasionale o reiterato, l’essere presi di mira ferisce sempre.
Quando dagli scherzi si passa a un accanimento costante e prolungato, che condiziona la vita quotidiana di bambini e adolescenti, quasi sempre in qualche modo fragili, si parla di bullismo: cioè di dinamiche di violenza fisica e verbale con ripercussioni pesanti.
Un fenomeno, a quanto emerge da questa inchiesta, piuttosto diffuso: è pari al 41% il numero di bambini italiani coinvolti in qualche forma di bullismo.
Ma gli sberleffi, gli spintoni, gli insulti, l’isolamento forzato e via dicendo non riguardano solo le aule e i corridoi; lo stesso può accadere nel cortile di casa, in palestra e online: in questo caso si parla di cyberbullismo, una forma di discriminazione virtuale, che riguarda le nuove generazioni, i nativi digitali appunto.
Secondo una recente indagine Eurispes, il cellulare è un altro modo per diffondere calunnie e pettegolezzi.
L’aspetto più rilevante che emerge dall’inchiesta è che tra gli adulti c’è una conoscenza approssimativa del bullismo e anche una certa difficoltà ad affrontare il problema.
Un italiano su quattro lo rinnega del tutto: “Il bambino vittima di soprusi in qualche modo se li è meritati” è la risposta data o, più di frequente, “si tratta di esperienze che rafforzano il carattere”.
Poi, però, la metà del campione considera i genitori i principali responsabili del problema. Ma questo, come ci spiega nell’intervista Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra esperto di problemi dell’adolescenza, è solo in parte vero.
Ad alimentare il bullismo sono spesso una serie di fattori concomitanti. In definitiva, gli adulti (e quindi i genitori) sono rassegnati e scoraggiati e in fondo considerano il bullismo come un normale passaggio della crescita.
Cercate il supporto degli insegnanti, che più di voi possono essere testimoni dei disagi degli studenti. Gli insegnanti possono collaborare con le famiglie per individuare i segnali più o meno sommersi.
È importante parlarne a scuola, per favorire la mentalità del rispetto e della solidarietà fra i ragazzi. Ci sono istituti che organizzano programmi utili a riguardo, spiegando agli studenti il problema.
Infine, se le ripercussioni psicologiche sulla vittima sono importanti, può essere utile rivolgersi a uno psicologo.
Alcuni segnali possono aiutare a riconoscere il problema. Ecco quando insospettirsi:
Di fronte a tali segnali è necessario parlare con vostro figlio. Se confessa di essere vittima di soprusi dovete cercare di garantirgli tutto il supporto possibile.