Mentre in Italia si discute (a vuoto, per ora) sull’opportunità di istituire il reato di omicidio stradale, in Inghilterra il problema lo hanno superato da tempo.
Come?
Ribaltando la prospettiva: ogni incidente stradale mortale viene trattato come omicidio volontario, salvo che si provi il contrario.
Dunque, si parte presumendo che il conducente responsabile del sinistro abbia voluto usare violenza contro gli altri e s’indaga più seriamente che in Italia, in modo da poter scagionare da accuse così pesanti chi ha “solo” sbagliato una manovra o addirittura non ha alcuna responsabilità.
Inoltre, da questo discende che nei casi gravi non si debba più parlare di incidente (cioè di evento fortuito, che può sempre accadere su questa terra), ma di crimine.
Sono riflessioni che mi invia Stefano Guarnieri, papà di Lorenzo, ammazzato due anni fa da un guidatore risultato positivo ad alcol e droga. Oggi a Lorenzo è intitolata una fondazione, istituita proprio da Stefano dopo la sua morte per agire nel campo della sicurezza stradale.
No, Guarnieri non è un matto che vuole vendetta e ha fondato l’ennesima associazione per le vittime della strada: è una persona serena, che ragiona da ingegnere, per giunta vissuto a lungo in Gran Bretagna.
Quindi, una persona abituata a guardare ai fatti, a catalogarli, a rifletterci su in base alle statistiche e non in base ai sofismi giuridici italiani, spesso architettati in base a casi particolari che si verificano di rado.
Per questo, Guarnieri sembrava quasi un alieno al dibattito giuridico che ho moderato sabato scorso a Roma, all’incontro annuale dei periti ricostruttori della Evu Italia. … segue …
Pingback: Omicidio stradale: (forse) ora ci siamo | Paoblog