di Paolo Roversi
Rizzoli – Pagg. 314 – € 17,00 (in vendita ad € 5,00)
Trama: A volte basta un niente per sconvolgere la vita di una placida cittadina di provincia. Basta, per esempio, che l’unico farmacista, corso in ospedale dove sta per nascere il suo primo figlio, debba tenere chiuso il negozio: niente medicine per gli anziani e, soprattutto, niente medicine per il Gaggina, un colosso di centotrenta chili con il carattere dell’attaccabrighe di professione.
Quel giorno, senza i suoi tranquillanti, non riesce a tenere a bada la propria ira: in sella a un motorino scassato tenta di assaltare la stazione dei carabinieri, irrompe nel bar della locale polisportiva, picchia un vigile che vuole fargli la multa, per poi barricarsi in casa minacciando con una katana da samurai chiunque si avvicini.
Al Piccola Russia – così viene chiamato il borgo, dove le strade hanno tutte nomi di “compagni” e la giunta è monocolore dal 1948 – si scatena il consueto passaparola. “L’ennesima follia del Gaggina, state tranquilli, non farebbe male a una mosca” assicura qualcuno.
Ma quando il corpo del vecchio Giuanìn Penna, appena tornato dall’America dopo trent’anni di assenza, viene trovato tra i campi, trafitto proprio da una spada, la situazione prende una brutta piega. A sbrogliare la matassa sarà chiamato il maresciallo Omar Valdes, alias “tenente Siluro”, un militare tormentato e dal passato oscuro, in un’indagine ricca di sorprese e di una travolgente ironia.
Letto da: Paolo
Opinione personale: Mi capita di leggere libri a mio giudizio brutti al punto tale che non mi dispiace certo parlarne male, poi, come in questo caso, ci sono libri che secondo me avrebbero avuto i numeri per essere piacevoli, ma io non li ho trovati.
Per questo libro, al termine della lettura mi sono confrontato anche con la Signora K che lo aveva letto prima di me e sebbene il nostro approccio alle trame sia quasi sempre diverso, ci siamo trovati d’accordo sul fatto che non si arrivi mai al dunque.
Di fatto la vicenda del Gaggina, che sembra essere pertinente all’indagine sull’omicidio, viene trascinata per circa 130 pagine ed il corpo della vittima, viene scoperto dopo 184. Oltre metà libro, quindi, si perde in una vicenda di contorno.
Non ho apprezzato, inoltre, l’approccio dei carabinieri alla vicenda, mi sembra non credibile che tutto il paese, inclusi i carabinieri, restino impassibili a vedere il Gaggina che riempie di botte un paesano, per quanto sbruffone sia, così come non ritengo nè credibile nè accettabile il fatto che il maresciallo Valdes, sicuramente tenebroso e quasi simpatico, a tratti, decida di non gestire la vicenda, preferendo andare a pescare, salvo poi cambiare totalmente atteggiamento, pur agendo al di fuori dei regolamenti.
Se il libro è improntato sull’umorismo puro, e non mi sembra questo il caso, posso anche accettare il ridicolizzare i carabinieri, ma fino ad un certo punto; in questo libro, di fatto, li si dipinge da una parte come delle macchiette inconcludenti e dall’altra in Rambo sparatutto, tuttavia ho dei Gis un’opinione ben diversa da quella che traspare in questa pagine.
Quello che mi dispiace veramente, in questa mia opinione negativa, è che l’autore sia riuscito a farmi rivivere al meglio un periodo dell’infanzia/adolescenza vissuto in un paesino che tutto sommato si avvicina molto al borgo, dove c’era la Cooperativa piuttosto che la Polisportiva, c’era il matto del paese, si beveva la spuma e via dicendo; cambiava la zona, ero sull’appennino reggiano piuttosto che nella Bassa, ma il succo era quello. Ed è stato piacevole rivivere momenti già vissuti.
Ma per il resto, calma piatta ed arrivare all’ultima pagina mi ha fatto esclamare: finalmente l’ho finito. E per compensare la noia della lettura, ora ho iniziato l’ultimo libro di Enrico Pandiani, con le indagini di Mordenti & Les Italiens, che dopo poche pagine mi ha già riconciliato con la lettura serale. 😉
Splendida copertina.