in sintesi un articolo di Valeria Nardi che leggo su Il Fatto Alimentare
Un consumatore preoccupato si è rivolto a noi dopo aver trovato degli strani animali nella bocca di un branzino acquistato in un supermercato.
Abbiamo visionato le fotografie e deciso di approfondire l’argomento, per capire se la vicenda è abbastanza comune e se comporta delle ripercussioni sulla salute dei pesci e dei consumatori che eventualmente li mangiano.
Gli esemplari di questo parassita che vedete nell’immagine sono stati classificati come appartenenti al genere Ceratothoa italica, dell’ordine Isopoda*.
Si tratta di crostacei parassiti dei pesci, diffusi in acqua dolce, salmastra e marina, che da adulti possono raggiungere i sei centimetri di lunghezza.
Le larve nuotano libere nell’acqua e si attaccano alla superficie cutanea o nella camera branchiale del pesce. Alcune di queste, nel giro di un paio d’ore, possono raggiungere la cavità orale dell’ospite e insediarvisi definitivamente (non più di due). A questo punto i parassiti, diventati ematofagi, vivranno cibandosi del sangue della loro vittima.
(* I curiosi animaletti sono dei crostacei che fanno parte dell’ordine Isopoda. All’interno di questo le due famiglie Cymothoidae e Anilocridae, comprendono circa 200 specie, molte delle quali sono parassite.)
La presenza di questi grossi parassiti all’interno della bocca interferisce con la normale attività alimentare del pesce, causando uno stato di stress cronico, con conseguente ritardo della crescita e predisposizione ad altre infezioni batteriche o parassitarie.
La piaga è molto diffusa nel Mediterraneo. I pesci che vivono sul fondo delle acque costiere sono quelli più frequentemente colpiti, a differenza di altri abituati a stare in profondità o delle specie migratorie (aringhe, sgombri, ecc.).
L’incidenza è maggiore per gli esemplari di sarago, mormora, orata, cernia, spigola, e molti altri. Il problema si riscontra soprattutto negli allevamenti intensivi di orate e spigole (branzino) e si intensifica quando la temperatura dell’acqua aumenta, raggiungendo il massimo in Luglio e Agosto, mesi in cui l’infezione dei pesci nelle gabbie può superare il 50%.
Per adesso il Nord Italia non sembra colpito, forse perché gli allevamenti sono lagunari o le acque sono più fredde. Infatti secondo gli allevatori i più colpiti sarebbero gli esemplari delle gabbie in mare aperto.
Se per l’uomo il parassita non rappresenta un reale pericolo, nei pesci colpiti si registra un calo di peso e una riduzione dell’aspettativa di vita. Nonostante l’innocuità per l’uomo il regolamento (CE) 853/2004 stabilisce che: “gli operatori non devono immettere sul mercato per il consumo umano i prodotti della pesca manifestamente invasi da parassiti.”
Il fenomeno è quasi sconosciuto ai consumatori, e anche a molti addetti ai lavori,ma facendo qualche ricerca abbiamo scoperto che i piccoli pescatori e quelli sportivi, conoscono bene l’animaletto bianco, da loro comunemente chiamato “sanguisuga della bocca” o “zecca di mare”.
Ma come mai una piaga tanto diffusa non è nota al grande pubblico? Un’ipotesi è che parte dei pesci con il parassita venga commercializzato, magari sotto forma di filetti, oppure privati della testa.
Un esperto di Eurofishmarket contattato da Il Fatto Alimentare, ci ricorda che questi parassiti, pur non rappresentando un problema per la salute del consumatore, non devono comparire nei punti vendita.
In base alla normativa vigente gli operatori del settore alimentare devono assicurare che i prodotti della pesca siano sottoposti ad un controllo visivo alla ricerca di endoparassiti visibili prima dell’immissione sul mercato.
Per questo motivo molti fornitori si preoccupano di impiegare degli uomini proprio per togliere questi parassiti dalla bocca e dalle branchie dei pesci infestati prima della vendita.
Ricordo che ogni tanto ne trovavamo di più piccoli, mio nonno li chiamava i pidocchi del mare
Mamma mia che schifo, ora tocca guardare anche nella bocca dei branzini.
Tanto abbiamo stabilito in più occasioni che non ci si può fidare.