in sintesi un articolo di Roberto La Pira che leggo su Il Fatto Alimentare
Le lumache “mela”, solitamente diffuse nei Paesi tropicali, hanno invaso le zone umide dell’Europa meridionale, con conseguenze serie sull’approviggionamento di acqua dolce.
L’Efsa si è mossa per valutare il rischio, utilizzando per la prima volta le linee guida sulla valutazione del rischio ambientale (VRA) degli organismi nocivi ai vegetali, incentrate sui possibili rischi per la biodiversità e i servizi ecosistemici.
La comparsa di queste lumache risale al 2010, quando hanno invaso le risaie del delta dell’Ebro in Spagna, per poi continuare indisturbate a diffondersi.
Le valutazioni sia a breve (5 anni) sia a lungo termine (30 anni) hanno portato alla conclusione che le ampullarie sono una minaccia alla biodiversità, alla diversità genetica delle specie autoctone e all’habitat in cui vivono.
Il team di esperti ha raggiunto anche alcune conclusioni riferite ai servizi ecosistemici: il cui rischio complessivo è grave sia a breve sia a lungo termine.
In particolare per risorse genetiche, clima, patologie, impollinazione e alimenti il rischio è moderato, per la regolazione dell’erosione il rischio è grave e infine è gravissimo per acque dolci, fotosintesi, ciclo dei nutrienti e produzione primaria di macrofite.
In taluni casi il rischio a lungo termine è inferiore a quello a breve termine, in quanto si prevede che, nel tempo, emergano macrofite non appetibili per la Pomacea nonché predatori naturali della Pomacea.