«La strada di ogni scrittore che si rispetti è lastricata di figuracce, grezze (l’equivalente della brutta figura a Roma e dintorni ndr), e figure di merda. L’idea di questa raccolta è nata così. Ognuno di noi si è preso il compito di raccontare un fatto, una storia che lo ha imbarazzato e che ha voglia di condividere con i lettori».
Così Niccolò Ammaniti racconta Figuracce, antologia «nata per caso, in una calda serata di un agosto romano… al tavolo di una bar di Campo de’ Fiori».
Protagonisti otto scrittori contemporanei, lo stesso Ammaniti, Diego de Silva, Paolo Giordano, Antonio Pascale, Francesco Piccolo, Christian Raimo, Elena Stancanelli ed Emanuele Trevi.
A turno, prendono la parola e raccontano le peggiori figuracce della loro vita. Momenti terribili, apparentemente destinati a rovinare per sempre l’esistenza, ma che «con il tempo diventano accettabili», perché «l’onta sparisce e si salva il lato comico».
Tra momenti esilaranti e voglia di nascondersi, il fil rouge è dato dalla presenza dell’altro. Perché come insegna Zoe, la nipote 12enne di Ammaniti, la «grezza» non esiste senza pubblico.
E la vittima, il gaffeur di turno, in qualche modo funge da catalizzatore per la coesione del gruppo, che si riconosce in un codice di comportamento condiviso unanimamente.